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Aggiornato: 21 giugno 2025
Questo può tutto; e di qui ciò ch'è al mondo è governato a' suoi debiti fini. Ché non penso, sí grinza come sono, che alcun mi rifiutasse. PILASTRINO. Sei in amore, ah? Eccomi. Piaci a me, vecchia crestosa. Posa in un punto giú quella catena, se non vuoi ch'io ti mandi il collo ai piedi. A chi dico io? ARTEMONA. Sta' fermo. Oimè meschina! Sai ben ch'io ti cognosco, Pilastrino. Lasciami stare.
Io posso andarmi a spasso. Ma oh! oh! oh! Vedi Calandro che vien fuora. Lassami discostar di qui perché, fermandosi a parlare qui meco, potria veder Lidio che omai deve arrivare. CALANDRO, LIDIO maschio, LIDIO femina. CALANDRO. Oh felice giorno per me! che non ho prima el piè fuor de l'uscio che vedo apparire il mio galante sole e verso me venire. Ma, oimè! Che saluto gli darò io?
Meglio era perdere la robba e salvar me medesimo: da me solo mi difendei dal mare e non seppi difendermi da chi mi rubbò da me stesso! LELIO. Oimè, che veggio? che è quel che raffiguro? CRICCA. Che cagione avete di tanta maraviglia? LELIO. Non vedi mio padre e il vignarolo, il vero e il falso Guglielmo? CRICCA. Sí, che li veggio.
Oimè! non ne ho più avuta notizia dacchè egli partì improvvisamente per la Linguadoca; veniva allora da Parigi, e, come vi diceva poc'anzi, son tre mesi che il fattore non mi manda la mia pensione. Comincio a temere che gli sia accaduta qualche disgrazia. Se non fossi così lontana da Estuvière, e potessi camminare, sarei gi
TRASILOGO. Ho paura di me, non di te. LAMPRIDIO. Pecora, asinaccio! SQUADRA. Rispondetegli, padrone. TRASILOGO. Il malanno che Dio ti dia, non mi chiamo cosí io! LAMPRIDIO. Tu fuggi, eh? TRASILOGO. Io camino presto. TRASILOGO. Oimè, oimè! SQUADRA. Ancor non vi ha tócco e voi gridate. TRASILOGO. Se gridassi dopo, a che mi giovarebbe?
ALBUMAZAR. Quando il sol vien verso noi dinanzi e i giorni son grandi, son naturali; quando vanno indietro e son brevi, vanno contro natura. PANDOLFO. Oimè oimè oimè! CRICCA. Oh che gran gridi! PANDOLFO. A cosí gran botta non ho cagione di dar cosí gran gridi? CRICCA. Che cosa avete, padrone? PANDOLFO. Oimè, son morto, son rovinato del tutto! CRICCA. E come? Di che vi dolete?
SAMIA. O Fessenio mio, ruinati semo. FESSENIO. Che c'è? di' sú. SAMIA. Pessime nuove. FESSENIO. Che? SAMIA. Li fratelli di Calandro hanno trovato Lidio tuo con Fulvia e mandato per Calandro e per li fratelli di lei, che venghino a casa per svergognarla; e forse poi uccideranno Lidio. FESSENIO. Oimè! Che cosa è questa? Oh sventurato padron mio! Lo hanno preso? SAMIA. Non giá.
MELITEA. Oimè, non sono ancor finiti i nostri affanni? infelici noi, quando saremo felici? abbiam scampato da ladri, dalla casa e dalle mani del ruffiano, e in casa vostra ancor temo? chi piú infelici di noi, se anco nelle felicitá siamo infelici?
GIRIFALCO. Oimei, anima mia! ché sarò morto prima ch'io t'abbi. PILASTRINO. Or abbiam bello e fatto. LISTAGIRO. Rimedio non v'è piú. GIRIFALCO. Son morto. Aiuto! Misericordia! Oimè! O Pilastrino, m'han preso per il collo. PILASTRINO. Oimei! Fo voto Mi portano ancor me. GIRIFALCO. San Gimignano! Una testa di cera, s'io ne scampo. Ribbaldella, sarai pur di me sazia, che sei cagion di questo.
Oimè! il tempo di separarci è venuto, gli disse ella. Che! di gi
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