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GERASTO. Se lo diceva a Santina mia moglie, che è una cicala, sarebbe andata cicalando per gli parenti, amici e vicini, e n'arebbe pieno Napoli in un'ora; e poi forse non essendo d'accordo, saressimo stati burlati da tutti. ESSANDRO. Quando dunque verran costoro? GERASTO. Quanto prima, e forse verran oggi che è giornata del procaccio. ESSANDRO. Oimè!

CAPITANO. Ho visto la persona, le vesti, il ventre gonfio, e intesa la voce di Amasia; il volto non ho potuto veder bene. Ma perché Cintio è il mezano del suo amore? DULONE. Son grandissimi amici da che furon bambini. CAPITANO. Oimè, che sento indragarmi d'amore e inserpentirmi di gelosia!

Proviamo se io mi rammento tutte le cose che sapeva una volta: quattro volte cinque fanno dodici, e quattro volte sei fanno tredici, e quattro volte sette fanno oimè! Se vado di questo passo non giungerò mai a venti! Del resto la Tavola Aritmetica non significa nulla: proviamo la Geografia: Londra è la capitale di Parigi, e Parigi è la capitale di Roma, e Roma , , ho sbagliato tutto!

Oimè! Che vuol dir questo, figliuola mia? LELIA. Di' piano. Tu mi pari una pazza, a me. Io m'andarò con Dio, se tu gridi. CLEMENZIA. Parti forse che si vergogni? Saresti mai diventata femina del mondo? LELIA. , che io son del mondo. Quante femine hai tu vedute fuor del mondo? Io, per me, non ci fu' mai, ch'io mi ricordi. CLEMENZIA. Adunque, hai tu perduto il nome di vergine?

Cotte che fûro te le mangiasti, buon pro ti faccia: finimola presto. LECCARDO.... Venne un altro cuoco e s'accorge ch'avea buttato le testoline dentro la caldaia.... DON FLAMINIO. Oimè, ci è gionta un'altra persona: e se il parlar di uno era cosí lungo, or che vi è gionta un'altra persona, sará altro tanto. LECCARDO.... Oh oh, che m'era smenticato il meglio! Prima che venisse quel cuoco....

È, ! Molto fantastico parmi. LIDIO femina. Ahi fortuna! FESSENIO. Da parla. LIDIO femina. In che laberinto mi trovo io! FESSENIO. Che cosa fia? LIDIO femina. Devo io cosí subito rovinare? FESSENIO. Oimè! che ruina fia? LIDIO femina. Per esser troppo amato... FESSENIO. Che vuol dir questo? LIDIO femina. ... devo io questo abito lassare? FESSENIO. Aimè! Trama fia.

Parlo sul serio... È tanto difficile averlo giusto questo concetto della vita che può esser sapienza il non averne nessuno. «Salvate, oimè, le membra Dal tarlo del pensieroRicordi questi versi? Oh, dei versi e delle sentenze ce ne son per tutti. Tornavano a bisticciarsi così, come una volta, pur provando un gusto immenso ad essere insieme.

E, dicendomi el nipote che Perillo vuol, doman o l'altro, io la sposi, per conferire la cosa con voi, mia nutrice, e teco, Fannio mio servo, fuora di casa me ne sono venuta; e piena di tanto travaglio quanto io ben sento e voi pensar potete. E non so se... FANNIO. Taci, oimè! taci; a fin che costei, che afflitta verso noi viene, non attinga quel che parliamo. SAMIA serva, LIDIO femina, FANNIO.

Si voltò, ma oimè! dove poteva essa andare senza incontrar ad ogni passo oggetti fatti per aggravare il suo dolore? se ne tornava lentamente a casa quando incontrò Teresa, la quale sgridolla dolcemente di esporsi sola in giardino ed a quell'ora, dove non poteva ricevere alcuna consolante assistenza nello stato penoso in cui si trovava.

SBIRRI. O perché? FESSENIO. Saremmo da ognuno scacciati. SBIRRI. La cagione? FESSENIO. È morto di peste. SBIRRI. Di peste? Oimè! Io che l'ho tócco! FESSENIO. Tuo danno. SBIRRI. E dove il portate? FESSENIO. A sotterrarlo in qualche fossa; o, cosí, il forziero e lui butteremo in un fiume. CALANDRO. Ohu! ehu! ohu! Ad annegarmi, eh? Io non son morto, no, ribaldi! FESSENIO. Oh!