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ALESSANDRO. Grazia e favor sará mio grandissimo, se mi darete occasione onde io possa servirvi: non mi son smenticato, padron degno, di tante grazie e favori ricevuti da voi; onde se non v'ho servito come dovea, tuttavolta la prontezza dell'animo ha sopplito dove han mancato l'occasioni.

Io che mi chiamo Famazio, pensai subito che avesse smenticato il nome, che sono simili Fazio e Famazio; e me le presi per mie.

Ma scostati da me, ch'or che mi sento imbizzarrito, che non ti strozzi. LECCARDO. Oimè, che occhi stralucenti! MARTEBELLONIO. Guardati che qualche fulmine non m'esca dagli occhi e ti brusci vivo. LECCARDO. Tutta l'istoria è andata bene; ma ve sète smenticato che non fu ballonetto ma ballon grande, e tanto grande che non si basta a ingiottire. Ma io ti vo' narrar una battaglia ch'ebbi con la Fame.

Mi par di esser diventato gentiluomo e smenticato affatto del villano: non mi resta altro di vignarolo che l'appetito e l'essere innamorato di Armellina. Son certo che niuno mi conoscerá, poiché io medesimo non piú conosco me stesso. Oh che cosa mirabile! credo che per ogni buco della mia persona sia un spirito. RONCA. Oh, signor Guglielmo, voi siate il bentornato per mille volte!

Cotte che fûro te le mangiasti, buon pro ti faccia: finimola presto. LECCARDO.... Venne un altro cuoco e s'accorge ch'avea buttato le testoline dentro la caldaia.... DON FLAMINIO. Oimè, ci è gionta un'altra persona: e se il parlar di uno era cosí lungo, or che vi è gionta un'altra persona, sará altro tanto. LECCARDO.... Oh oh, che m'era smenticato il meglio! Prima che venisse quel cuoco....