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Aggiornato: 12 giugno 2025
Pietro Laner, riandando confusamente, come in sogno, tutto il suo passato, era arrivato al numero 27 di piazza Cavour, la casa della Schönfeld. Egli, certo, non avrebbe saputo rispondere a tutte queste domande. In quel momento non vedeva più che Nora, la sua Nori! Si era placata anche la fame.
Il valzer era finito. Emilio traendosi seco Cesare venne ad appostarsi a pochi passi dal Nori che stava discorrendo con Matilde e colla madre di lei. Si mise a parlare vivamente col cugino, dando a quel suo satanico sogghigno la più maligna espressione e fissando instintivamente uno sguardo maligno del pari su Alberto Nori: questi sentì quello sguardo pesare su di sè; si volse, vide i due e capì che parlavano di lui; se ne avesse dubitato, ne lo avrebbe chiarito il suo nome che udì pronunciato da Lograve. Turbato, offeso da quel contegno, Alberto si congedò dalle signore Danz
Nora, accesa, rossa in viso, aveva le narici e le labbra frementi, il petto ansante e in mezzo alla fronte la piccola ruga sinistra, bianca e sottile come una cicatrice. Dio! Dio! Dio! Ma era vero? Era Nora, la Nori che parlava così? Tutto era finito? E nel suo cuore, nella sua mente, quella parola "finito! finito!" pareva ripetersi, diffondersi; pareva prorompere, ripercuotersi nel vuoto: Finito!
Fu Pietro Laner, invece, che arrossì, sotto quello sguardo lucente, fisso, evocatore.... e abbassò il capo. Quando tornò a guardarla, essa lo fissava ancora: non gli disse niente: gli mandò un bacio, stringendo e allungando le labbra. Pietro lo sentì, con un brivido di piacere. Oh, Nori.... e disse tutto non dicendo altro che questo: Oh, Nori.
Ritorna buona!... Ritorna buona!... Ritorna la Nori, la mia Nori e aggiunse per smuovere la sua ragione, dopo aver tentato di toccarle il cuore. Lavorerò giorno e notte. E poi devo avere le ventimila lire. Ci vuol altro che le ventimila lire! rispose Nora sorridendo sdegnosa, con un'alzata di spalle. Lavorare?... Tu poi, che non hai il talento del mestiere, le risorse che può avere lo zio Matteo.
Alberto Nori stette parecchî giorni tra la vita e la morte; ma per fortuna quel benedetto bottone, preso di mira, aveva fatto deviare un pochino il projettile, e il cuore era stato salvo. Il pericolo di una emorragìa interna venne scongiurato; e dopo una settimana, i medici credettero potere affermare, che se non sopravvenivano complicazioni, il malato sarebbe guarito.
Ricordatevi! gli gridò Emilio, mentre Cesare stava per varcare la soglia. Se non siete tornato prima, io alle sei e mezza sarò al ponte; il signor Nori dovr
Il signor Nori scriver
Cesare, disse Emilio al fratello di Matilde, appena l'ebbe veduto entrare, quel bellimbusto del Nori mi ha sfidato, e ci battiamo questa stessa mattina. Possibile! esclamò Cesare tutto turbato. Ah! Matilde ha visto giusto. Ah ah! Che cosa t'ha detto tua sorella? Che si trattava di questo duello, e ch'io dovevo a ogni costo impedirlo. Sì, proprio? esclamò col suo malvagio sogghigno Emilio.
La ragione c'è, e la so ben io... Non impacciartene dell'altro tu, che per quello ch'io ti domando... Vorresti farmi da Mentore? Questo duello ti dico io che è inevitabile... È stato lui, Alberto, quello che l'ha voluto... Io ho fatto di tutto per esimermene; sono stato rimessivo fin troppo; Nori ha persistito; mi ha mandato a sfidare, stamattina son venuti i suoi padrini e fra un quarto d'ora torneranno per intendersi definitivamente coi miei, dei quali tu sarai uno e B. l'altro. Siamo gi
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