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Aggiornato: 27 giugno 2025


Lontanamente nella mia infanzia si delineava il ricordo di un vecchio signore che veniva qualche volta in casa nostra e che mio padre chiamava un uomo superiore. Mi restò in mente questa parola per aver udito mio padre che diceva alla mamma, in seguito ad una contesa di parenti: "Ascoltiamo i consigli di * che è un uomo superiore." Da allora in poi mi misi a considerarlo attentamente tutte le volte che veniva e mi restò impresso, più che il suo volto, l'espressione di esso: certi movimenti di sdegno, certi altri di piet

Per che lo spirto tutti storse i piedi; poi, sospirando e con voce di pianto, mi disse: <<Dunque che a me richiedi? Se di saper ch'i' sia ti cal cotanto, che tu abbi pero` la ripa corsa, sappi ch'i' fui vestito del gran manto; e veramente fui figliuol de l'orsa, cupido si` per avanzar li orsatti, che su` l'avere e qui me misi in borsa.

E più altro. «Obbiettai, come ho fatto sempre in simili casi: discussi, misi innanzi tutto ciò che poteva smuoverlo.

«P.S. La mano che vi scrive questa lettera è quella d'una buona vicina che mi fa da segretario. Il cuore è sempre quello del vostro Totò. ArrivederciPovero Totò! Non misi tempo in mezzo e andai a trovarlo nel vecchio monastero di Santa Patrizia. Era una di quelle uggiose, piovigginose, grige giornate di marzo che vi mettono la tristezza in cuore e l'umido nelle ossa.

Ebbene mi rispose un giorno ti do la mia parola d'onore che finirò il Centauretto, se prima mi lascerai cavare il capriccio di fare il tuo busto! Era premio troppo grande da non vincere tutti i miei scrupoli. E misi la pretesa mia testa da filosofo greco a sua disposizione.

Il ragazzo dai grandi occhi neri, per la buona ragione ch'era il più piccolo, avea mezzo il corpo fuori della tenda, e poco mancò che non gli mettessi i piedi sul capo. Mi fece compassione; volli che la mattina seguente, svegliandosi, avesse un conforto; e misi una moneta nella mano che riposava sull'erba, colla palma aperta, come per chiedere l'elemosina ai genii della notte.

E per sfogare tutta l'acredine che mi sentivo nel cuore, mi misi a calpestare furiosamente le erbe e le pianticine fiorite che smaltavano il suolo. Due lunghe lacrime rigavano le guance di Fausta. Ed io godei che ella piangesse! Tornavamo verso la villa come due sconfitti, uno dietro all'altro. Non contristare la mamma, facendole sapere quel che è avvenuto tra noi.

Alla presenza di quei signori misi ogni cosa in una cassa, lacerai alcune carte di nessuna importanza, cioè canzoni e sonetti che solevo scarabocchiare nelle mie ore d'ozio, alcune bozze di lettere che avevo scritto per conto di qualche italiano mio vicino, e specialmente del muratore Pietro Lombardo, consegnai al Dragomanno un portafogli, dal quale non levai altro che sette napoleoni, e ciò col suo permesso.

«Misi un grido di gioia, corsi in camera del babbo, e gli dissi: « Gualfardo è guarito, sta bene, fra un'ora verr

«Guardai mio padre che piangeva in un angolo; quando mi dissero di andarmene, rifiutai, e allora mi misero fuori a colpi di calcio di fucile. «Trovatomi così in istrada, una sera del febbraio 1852, senza un soldo in tasca, mi misi in cammino alla volta di Condrieux. Faceva molto freddo e la terra era coperta di neve.

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