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Aggiornato: 20 maggio 2025


Ond’io volgevo tra me stesso il pensiero di conoscere Pastora Imperio, benchè non sapessi come avrei potuto sfuggire alla involontaria vigilanza de’ miei nuovi compagni. Ormai avevamo presa l’abitudine di passare tutte le serate insieme; spesso pranzavamo alla medesima tavola, poi andavamo allo stesso teatro; si cominciava e si finiva il gioco alle medesime ore; una lieta cena chiudeva le nostre lunghe fatiche, poi, verso l’alba, tornavamo all’albergo insieme. Lord Pepe, con molto spirito, non si mostrava punto geloso; anzi aveva l’aria di permettere ch’io facessi alla sua bella compagna un briciolo di corte. Questo fatto lo dispensava da una quantit

Mentre io e l'amico tornavamo in citt

Tornavamo col mio amico da una lunga passeggiata, in aperta campagna. La primavera era arrivata da parecchi giorni coi suoi tepori, coi suoi profumi, col suo vasto sorriso di verde e di sole, con la lieta gazzarra degli uccelli nidificanti tra i rami degli alberi, tra le siepi, con le farfalle che ci volteggiavano su la testa, d'attorno, mentre noi procedevamo per l'ampia strada, riandando con lieta spensieratezza i bei giorni della giovanile comunanza di studi, di aspirazioni, di sogni ora parte svaniti, e parte sostituiti da altre aspirazioni, da altri sogni, o da tristi e dolci realt

Tornavamo allora dal Casino; voi avevate perduto, io no. Tenevate il gomito su la sbarra d’ottone che circondava in alto la ságoma del banco; fra noi era una ciótola ripiena di mandorle toste, che brillavano di sale cristallizzato. Al cerchio più basso del mio sgabello si appendevano i vostri piedi sottili, che parevano due gioielli finissimi in un astuccio di raso d’oro. Ed anche di splendente oro, ma con sovra un tulle di color viola-piombo, era la stoffa del vostro abito glorioso, il quale, invece di vestirvi, dovrei dire che vi spogliava. Ed eravate così avviluppata nei drappi di quel velo pieno di fiamme, così bella eravate, con le braccia quasi nude, l’ascelle trasparenti, le trecce, le dita, i polsi, carichi di gioielli scintillanti, che la vostra infernale paganit

E per sfogare tutta l'acredine che mi sentivo nel cuore, mi misi a calpestare furiosamente le erbe e le pianticine fiorite che smaltavano il suolo. Due lunghe lacrime rigavano le guance di Fausta. Ed io godei che ella piangesse! Tornavamo verso la villa come due sconfitti, uno dietro all'altro. Non contristare la mamma, facendole sapere quel che è avvenuto tra noi.

«Ella è cosa di poco momento, messere Ghino: abbiamo corso e ricorso tutto il giorno dal bosco alla riviera, ma non si presentò Saracino Cristiano: tornavamo dunque verso sera a mani vuote a casa, allorchè i cani fiutando e abbaiando si sono lanciati entro un macchione, e noi dietro di loro; quivi abbiamo veduto che avevano addentato una bestia di pellegrino che giace l

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