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Aggiornato: 20 giugno 2025


Vedilo che va in . O Ruffo! o Ruffo! Non odi, Ruffo? RUFFO. Io pur mi volto vedo chi mi chiama. SAMIA. Aspetta! RUFFO. Chi è costei? SAMIA. M'hai fatta tutta sudare. RUFFO. Be', che vuoi? SAMIA. La padrona mia ti prega che or ora tu vadi da lei. RUFFO. Chi è la padrona tua? SAMIA. Fulvia. RUFFO. Donna di Calandro? SAMIA. Quella, . RUFFO. Che vuol da me? SAMIA. Ella tel dirá.

CLEMENZIA. Che volete ch'io vi renda? FLAMMINIO. Il mio ragazzo che s'è fuggito in casa tua. CLEMENZIA. In casa mia non vi è servidor nissun vostro; ma bene una serva. FLAMMINIO. Clemenzia, e' non è tempo da muine. Tu mi sei stata sempre amica, ed io a te; tu m'hai fatti de' piaceri, ed io a te. Or questa è cosa che troppo importa. CLEMENZIA. Qualche furia d'amor sará questa. Orsú, Flamminio!

Bravo Roberto! Scusa se non ho potuto venire incontro. Esco da mezz'ora appena dalla miniera.... Quanto piacere m'hai fatto ad accettare la mia offerta! Ci vorr

Restoti ora a dire, a satisfaczione del desiderio tuo che m'hai domandato, d'alcuni che vorrebbero la perfeczione delle lagrime e non pare che le possino avere. Hacci altro modo che lagrima d'occhio?

Non me lo caverá di casa se non me lo paga benissimo: conosco che ne ha voglia. FILIGENIO. Mangone, son venuto a trovarti secondo l'appuntamento doppo tre ore; e se non m'hai servito, vengo almeno, ché ti ricordi di me. MANGONE. Sète venuto a tempo: v'ho comprato un schiavo piú meglio assai di quello che m'avete chiesto o che sapete desiderare.

DOTTORE. Che ti togli il tuo schiavo e mi torni i miei cento scudi. FILIGENIO. Che so io se lo schiavo che m'hai tolto di casa sia quel che mi rimeni? DOTTORE. Che so io che Melitea che fu portata in casa vostra non sia stata scambiata e posto costui in suo luogo?

FILOCRATE. Io t'ho parlato or ne la lingua nostra per vedere se mi ricognoscevi; ma son certo che ti son tanto fuor di fantasia che non te ne ricordi. Io son Filocrate, Fronesia cara. FRONESIA. Che sento oggi dire? Filocrate sei tu? ! È desso, a fede. Lasciamiti abbracciar, ché di dolcezza e di compassion m'hai mosso il core. Piango e non so di che. Quasi nol credo.

Pare a te?... Ebbene, così sia e felicissima notte! e Menico si dimenò nel letto adagio adagio come per farsi la nicchia ancora più comoda. In quanto all'Aimoni, poi, ti so dir io ch'egli è tutt'altro che un mascalzone e che.... Sta a vedere che m'hai rotto.... il sonno per venir qui adesso a farmi il panegirico di quel villano!

PANURGO. Certo, Gerasto, che voi non pigliate la cosa per il suo verso. GERASTO. Che vuol dir che non piglio la cosa a verso? Tu non rispondi a proposito. PANURGO. Che volete che vi risponda se non quello che sempre vi ho detto? GERASTO. Che m'hai tu detto mai se non certe parole che l'una non attacca con l'altra? PANURGO. Certo non è la cosa come pensate, vi dico.

S'interruppe: guardò Brunello; e soggiunse: Come oggi.... E subito io t'ho dato la mano, e tu mi hai ricondotta alla riva per ripescar la goletta. Era una giornata calda come questa, ma soffiava il vento. Tu m'hai presa l'anima quel giorno. E io quel giorno t'ho data la mia! rispose Bruno. Istintivamente le loro mani si cercarono e si strinsero. Ricordi ancora tutto? domandò Nicla.

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