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Teresa, la figlia del Lysbak, aveva allora 22 anni. Alta, robusta, coi colori della salute sul viso, grave nei movimenti come tutte le montanare, aveva quell’aria di freschezza e saldezza selvatica che promette onesti costumi e buoni figlioli. Col suo vestito di panno rosso, pieno sui fianchi, col suo giubbettino di panno nero, pieno nel petto, passava lenta fra la gente che si apriva a guardarla. In casa attendeva a cucire, a spazzare, a lustrare i vetri, al poco orto ed al pollame, e trovava ancora tempo per leggere. Perchè Teresa era stata allevata in un educandato di Biella e sapeva parlare e scrivere quattro lingue: il tedesco che è la lingua di Gressoney, l’italiano, il francese e l’inglese. Malgrado questo grosso fardello di scienza, nessuno del piano l’avrebbe tolta per una signora. A Gressoney se ne incontrano molte: ragazze con cento mila lire di dote, istrutte come tante maestre, che menano in pastura le vacche, e sembrano villane ripulite. L’ingegno si piega ad imparare, ma il corpo è troppo solido per dirozzarsi dalla pesantezza nativa; d’altronde anche l’ingegno non raggiunge mai quella mobilit

Lo zio Matteo Bracconeri cercava tirarlo a buona strada: ma tutt’altro che rallegrarsi poteva dell’opera sua educativa, assediato da ricorsi e da recriminazioni per la riprovevole condotta del nipote: e quando un brutto giorno ebbe la ingrata sorpresa d’un furto di roba e di danaro a suo danno, attore il suo beneficiato, non è a dire come ne rimanesse deluso. Tuttavia, non sapeva abbandonarlo: ne vedeva l’ingegno pronto e versatile, la rapida intuizione, la percezione piuttosto unica che rara, la copia degli espedienti e la parola arguta e suggestiva, e deplorava che tante qualit

Era il fiume Jaco, secondo il nome che aveva dai naturali; Cristoforo Colombo lo chiamò rio dell’Oro, per le pagliuzze di marcassita che abbondavano nelle sue sabbie, e che ben simulavano il prezioso metallo. Oggi si chiama il Santiago. Capitolo XVII. Come la vista delle Sirene svegliasse l’ingegno di Ulisse.

.... Ne la stamberga ove non giunge il sole Studia, figlio di popolo, che porti Scritte ne gli occhi assorti De l’ingegno le mistiche parole, E nei muscoli fieri e nella sana Verde energia de le tue fibre serbi Gli ardimenti superbi De la indomita razza popolana. Per aprirti la via morr

Bel mestiere, del resto, e pulito, che sveglia l’ingegno e fortifica le membra; infatti sono quasi tutti fiori di gente, agili, robusti e temperanti. Quando capita, la morte se li piglia interi e gagliardi, e ruba loro cinquant’anni di salute.

La fama precorreva pomposa i loro predicatori. I devoti, gli habitués, accorrevano numerosissimi ad ascoltarli; volevano studiarne la mimica e la parola, la scienza e l’ingegno, far dei confronti. Il loro giudizio veniva ripetuto per la Citt

A questi pregi che onoran l’ingegno dello scrittore, sono da aggiungere pur quelli non meno stimabili, derivati dalla mitezza della sua indole. Perchè, come costa dal suo Commento, fu nimicissimo della disputa e d’ogni passion personale. Odiò quella ch’ei chiama immortalit

I tumulti del sangue e i desiderî, L’ansie, le veglie, le preci, le lotte, Il battagliar dei vividi pensieri Che riddan ne la notte. Tutto ciò che sorride e che non mente, Tutto ciò che s’eleva e non dispera, E de l’ingegno mio triste e fremente La luce e la bufera.

Ei della vita tua la miglior parte Avido succhia, e il fuoco di tue vene; E quel vampiro è l’Arte. Nelle tue veglie solitarie, oh, quante, Quante volte esso venne al tuo guanciale, Famelico e guatante!... Tu d’Apollo nascesti al vieto regno; Ma in questo secol bottegaio e tristo È un delitto l’ingegno. Su, denuda nel verso prepotente Le vive piaghe del tuo cor; sul viso Ti rider

Siena per F. Gati, 1865. Ci rimane ora a parlare di messer Cino. E a brevi tratti ne continuiamo la vita, perchè anche fra ’l popolo sia più noto, di quel che non è, l’ingegno ed il merito di gran cittadino. Gi