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Il conte Giberto Borromeo, preso congedo da Gian Giacomo quella sera stessa, nel mattino seguente di buon'ora partì con sua comitiva da Musso, avendo contratto l'impegno d'un nodo nuziale che doveva dare a Milano l'uno de' più illustri suoi Arcivescovi, ed alla Chiesa un famosissimo santo, quale si fu Carlo Borromeo, che nacque nel 1538, cioè sette anni dopo l'epoca del nostro racconto, da questo conte Giberto e da Margherita, secondogenita tra le sorelle del Medici, la quale colle germane e le cugine stava allora in quella casa foggiata a monastero, che sorgeva in vicinanza di Musso, ove il giovine Conte era stato condotto a pranzo dal Castellano.

Chi non lesse quanto disse sopra questo soggetto Leone Faucher, una delle glorie dell'economia politica francese?... Chi non conosce gli articoli tanto toccanti di Alfonso Esquiros, che impiega nobilmente i lunghi ozii dell'esilio a studiare l'Inghilterra e la vita Inglese?... Bisogna leggere, bisogna citare in queste colonne e l'uno e l'altro di questi due maestri, poichè i loro racconti commoventi e tanto veri varranno a confermare il mio.

A un tratto l'araldo squillò, come si usa quando si ingiunge di cessare dall'armi. Nessuno di noi obbedì, tanto eravamo odiosi, e, menando quegli ultimi colpi, procuravamo con potente ira che fossero i mortali. Di nuovo la tromba suonò grave, e allora io, tra il dare un fendente, lui tra il pararlo, ascoltammo queste parole: Cavalieri, per la cortesìa della dama. E noi lasciammo andare le braccia penzoloni: in quel momento di posa alla tempesta del corpo in me successe quella dell'anima: il perchè io ruggivo domandandomi: E chi è questo dannato? In lui, credo, succedesse altrettanto, perchè ascoltai una bestemmia atrocissima verso Dio! Stemmo l'uno contro l'altro, e, se non era l'araldo a porre il suo bastoncino tra noi, io dico ci avremmo scambievolmente fatto contro qualunque tradimento. Eravamo di posizione vicino al palancato di legno e vicinissimo al palco di madonna. Si alzavano d'ogni intorno le grida: chi parteggiava per il morello, chi per il bianco, chi per lo sposo, chi per l'avversario, chi pel sinistro e chi pel dritto. Messer Eude non poteva restare indifferente a tanta lotta di favori, egli gi

Fin allora avevamo veduto i soldati ammonticchiati l'uno sull'altro nei vagoni di terza classe: noi tutt'al più eravamo quattro per scompartimento; ci era posto da sdraiarsi e di attaccare anche un sonnellino.

Sotto una bara coverta da ampio drappo giaceva il cadavere: quattro cavalieri, armati solamente delle spade, ne sostenevano i lembi, quattro frati se la recavano sul dorso ed altri sei frati con ceri accesi venivano dietro cantando misereri e Deprofundis. Che lusso di frati! Ne avevano dunque delle caneve nel campo? grida l'uno. Più che di maiali per disfamarsene al desco replica un altro.

Ad una stazione intermedia della strada da percorrersi incontravansi i due treni, l'uno che veniva, l'altro che andava alla capitale.

Se tu raguardi di sopra, in me vita durabile, nella natura angelica e ne' cittadini che sonno in essa vita durabile, che in virtú del sangue dell'Agnello hanno avuta vita etterna, Io ho ordinato con ordine la caritá loro, cioè che Io non ho posto che l'uno gusti pure il bene suo proprio, nella beata vita che egli ha da me, e non sia participato dagli altri.

FR. A me più tosto pare che sia fabuloso l'uno e l'altro, ovveramente se alcuna verit

Una piccola, piccola particella te n'ho narrato e mostrato a l'occhio de l'intellecto tuo: ed è piccola per rispecto di quel che ella è, cioè della pena che riceve l'uno e del bene che riceve l'altro, che è quasi non cavelle.

Non so perché, m'entrò nel cuore questa certezza: "Ella piange." E dalla certezza nacque una visione intensa che mi diede una sensazione reale e profonda. I pensieri e le imagini che mi attraversavano il cervello erano incoerenti, frammentarii, assurdi, composti di elementi che l'uno all'altro non rispondevano, inafferrabili, d'una natura dubbia. M'assalì la paura della follia.