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Aggiornato: 13 giugno 2025
Esattamente. L'è codesta la parte brutta delle tue funzioni. Ora, e' non incombe che a te, se
Non fo cosí a questi perfectissimi che sonno gionti alla grande perfeczione, in tucto morti a ogni loro volontá, ma continuamente mi riposo per grazia e per sentimento ne l'anima loro; cioè che ogni otta che vogliono unirsi in me la mente per affecto d'amore, possono, perché 'l desiderio loro è venuto a tanta unione per affecto d'amore che per veruna cosa se ne può separare, ma ogni luogo l'è luogo e ogni tempo l'è tempo d'orazione; perché la loro conversazione è levata da la terra e salita in cèlo, cioè che ogni affecto terreno e amore proprio sensitivo di loro medesimi hanno tolto da sé.
Oh! sì, egli è ben sventurato... sclamò Maud... E l'è colpa mia. Io non ò osato. Io non ò saputo vincere il terrore, la repugnanza, che la sua malattia mi cagiona. Io l'ò amato, pertanto, dal primo giorno. La nobilt
E per questo modo il vermine piú rode, e non ristá mai el fuoco di questa coscienzia d'ardere. Ancora l'è piú pena, perché 'l vegono nella propria figura sua, la quale è tanto orribile che non è cuore d'uomo che 'l potesse imaginare.
Ebbene, principessa, non più tardi che ieri, il Corsaire diceva che il principe di Lavandall segue alla pista suo fratello, in Siberia a quest'ora, in via per la Cina forse, prendendo sempre i cavalli che questi vien di lasciare all'ultima tappa. L'è desso terribile, ciò, dottore sclamò Maud sorridendo. L'è del Byron o del Poe.
Quando la mia mamma si è sentita morire, la mi ha raccomandato d'essere sempre buona e di fare il mio dovere in tutte le maniere: io faccio quello che mi ha detto lei. Ero appena sposa quando l'è morta, vi ricordate? Eh! altro che ricordarmi. È stata lei che ve l'ha fatto prendere il vostro Sandro. Voi non ci pensavate neppure... È vero. È stata lei.
Allor soffio` il tronco forte, e poi si converti` quel vento in cotal voce: <<Brievemente sara` risposto a voi. Quando si parte l'anima feroce dal corpo ond'ella stessa s'e` disvelta, Minos la manda a la settima foce. Cade in la selva, e non l'e` parte scelta; ma la` dove fortuna la balestra, quivi germoglia come gran di spelta.
PRUDENZIO. Iuro, per Deum, ch'io non voglio piú che me stanzi in casa, ché l'è un morbo quotidiano. LUZIO. Bona sera, magister. MALFATTO. E io ancora bona sera. PRUDENZIO. Tórnate dentro, tu; e fa' che non eschi di quello agniporto, se non vòi ch'io te... MALFATTO. Non me bravate almanco. PRUDENZIO. Tu nol credi che ti farò respondere con minor rigore che non fai? Spidisciti. Vanne de sopra.
"Eminenza!" rispondeva Gianni "quando si tratta di qualche affare importante come questo, l'E. V. lo affidi a me e non a quella ciurmaglia di birri, che V. E. sa cosa sono e quanto valgono. Robaccia vile" aggiungeva il Gianni coll'onesto intento di sollevare sé stesso deprimendo altrui "gentaglia che si lascia egualmente impaurire e corrompere...".
Tic, tac, toc. CECA. L'è la festa del pichiare, questa. Tu non lo credi, eh? MALFATTO. E che hai paura? che spezzi l'uscio? la porta? CECA. Aspetta, aspetta el bastone. MALFATTO. Eh! non far. Odi, odi. Oh Ceca! CECA. Che vòi? MALFATTO. Eh! non fare, de grazia, ché lo mastro me cci ha mandato. CECA. Malan che Dio te dia, a te e a lui! MALFATTO. Ascolta un poco. Oh madonna quella!
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