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Aggiornato: 8 giugno 2025
Appena l'ammalato fu in grado di muoversi, i due giovani tornarono insieme a Santhi
E pure, mentre l'ammalato si affliggeva, la natura più forte di lui gli dava un benessere singolare, una contentezza non mai provata prima, un entusiasmo gentile al contatto del quale la melanconia era quasi nulla. E talvolta, accarezzato dalla convalescenza, riconosceva che la vita è buona e che si può godere sempre qualche cosa, pur di accontentarsi di poco e di rassegnarsi molto.
Alla fine i medici dichiararono che l'ammalato era fuori di pericolo, ma che la convalescenza sarebbe stata assai lunga, perchè ogni strapazzo avrebbe potuto produrre una ricaduta fatale. Essi soggiunsero altresì che se il contino ci teneva a campar molti anni, egli doveva menar una vita più regolata.
E qui giova notare che la disciplina religiosa di quei tempi, a norma dei documenti lasciati dallo Apostolo Santo Jacopo, adoperava con molta discrezione quel sacramento, nè lo amministrava se non quando l'ammalato era per trapassare.
Giunti alla soglia della capanna, il condottiero, chiamato Beltramo, gli comandò averne cura, e lo pregò che per suo amore lo vegliasse; lo avrebbe ricompensato in appresso; intanto se l'ammalato si aggravava andasse a San Quirico, e dicesse all'Abbate, che messere Ghino mandava per lui, ch'egli sarebbe certamente venuto; finalmente rivoltosi alla masnada che lo aveva seguitato, parlò con voce solenne brevissimo discorso: «Siavi di esempio Drengotto; io perdono i colpevoli.»
Appena entrato nella corte, saltò dalla sua carrozzella e si lasciò condurre presso l'ammalato da una vecchia contadina che era lì ad aspettare. La vasta corte della Cascina Grande conteneva sei edifici. Due belli: la casa del fittabile, grande e comoda e provvista di un largo portico, per mettervi il formentone quando la raccolta si faceva con la pioggia: e la stalla per le bestie.
Quattro bruttissimi, neri, maltenuti: casupole da contadini. L'ammalato di tifoide abitava nell'ultima casupola quasi nascosta dietro la stalla, nelle esalazioni del letame. Poco discosta, ma assai migliore era l'abitazione di Sandro e Maria. Si componeva di due stanze, vicino al fenile. Finita la visita con tutte le regole, il dottore andò direttamente alla casa di Maria, sperando di trovarla.
Il dottore continuava a guardar l'ammalato, a fissarlo, a studiarlo, sempre coll'occhio fermo, le ciglia aggrottate, la faccia immobile. Pietro, dopo alcuni giorni di pericolo, poi di sosta, cominciava davvero a migliorare.
L'ammalato sentì un profumo delicato, e una delizia nuova, ristoratrice lo involse tutto. Guardò la padrona, come per ringraziarla, poi fissò la tazza cogli occhi bramosi. Come si sente, signor Laner? Grazie.... ho fame. Il malato, lentamente, tirò fuori la mano scarna, di cera, l'alzò tremante.... ma subito la lasciò cadere sulla rimboccatura delle lenzuola. Buon segno, se ha fame!
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