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Amarla e maledirla; questa doveva essere la sorte del mio e vostro Ariberti. La marchesa di Rocca Vignale amò in lui due pregi secondarii, l'eleganza e la fama; del suo cuore non indovinò gli spasimi, bastandole la servitù quotidiana; del suo ingegno non si avvide, fuorchè per la lode a lui data dagli altri, ma non volle o non seppe studiarlo a fondo, per farsene la custode e l'ispiratrice.

Loredana si mise a studiarlo attentamente, a scrutarne il pensiero, a sorprenderne le intenzioni. Egli era imperturbabile; non più parola usciva dalla sua bocca a proposito di quella eredit

Insomma, a guardarlo e a studiarlo bene, c'erano in lui quasi due nature, come due semi in uno stesso nocciolo: il conte Andrea di Santasillia che sentiva la seduzione degli studi e della vita moderna, e il pupillo del Cardinale che, a volte, pativa di scrupoli.

Cantasirena raggiunse lentamente il suo caro Giovanni, che stava complimentando il Prefetto, il Sindaco di Primarole, i due segretari particolari di Sua Eccellenza, e monsignor Meneguzzi e Pio Calca e il marchese Duranti e il Fontanella. Gli altri invitati dovevano arrivare più tardi col tram. Matteo Cantasirena, a studiarlo bene, non pareva troppo soddisfatto e sicuro di .

Il dottore continuava a guardar l'ammalato, a fissarlo, a studiarlo, sempre coll'occhio fermo, le ciglia aggrottate, la faccia immobile. Pietro, dopo alcuni giorni di pericolo, poi di sosta, cominciava davvero a migliorare.

Ecco quel che mi è parso d'intravedere in quelle parole di bonomia tutt'ambrosiana, e che ho riferito apposta perchè anche io non voglio ricercare il poeta lirico nei canti politici, ma circoscrivermi a studiarlo nel libro dei versi.

Il problema è grave, dicono, perchè è minaccioso; bisogna studiarlo: intanto raccomandano vigilanza ai Governi, rassegnazione agli Artigiani. Trascorsi pochi mesi, se nulla turber

Il popolo, come lo vogliono questi filosofastri, questi profeti della moderna Babilonia, è un sogno, un'astrazione; bisogna studiarlo nel fatto questo popolo, che un classico, un sapientone del paganesimo chiamò giustamente bestia di molti capi.... Chi ha letto, ne sa.

I filologi alemanni, dunque, si trovarono di punto in bianco dinanzi a questo mostro, a questo ircocervo, che era uno ed era ventiquattro; e non vi so dire se, con la disposizione sortita da madre natura per le lucubrazioni apocalittiche, si sbizzarrirono a studiarlo, a sviscerarlo, a definirlo. E ognuno enunciava la sua teoria. Un dilettante di teratologia può con molto frutto andarle a scovare. Io non le infliggerò al lettore, che, del resto, può vederne discusse alcune in un bell'articolo di Raffaele Onorato (Nuova Antologia, 16 maggio 1912). Ma non voglio defraudarlo di quella dell'Urlichs, che apre il famoso Manuale della scienza dell'antichit

Senio non mi sembra uno dei meglio riusciti lavori di Neera. Vi si scorge eccessiva sproporzione tra le diverse parti, alcune delle quali hanno svolgimento superiore alla loro importanza e che sarebbe stato più opportuno anzi necessario in qualche altra. Molto vi si parla intorno alle idee e al carattere dei personaggi, specialmente di quello di Senio; ma i caratteri non risultano dall'azione; e quello di Senio anzi vien smentito, con inconsapevole ironia, dagli atti di lui. Positivista teorico, si mostra ingenuo alla prova. Se si voleva appunto far risaltare questa contraddizione fra la mente e il sentimento, fra la teorica e la pratica, bisognava trattare il soggetto in maniera diversa, studiarlo più minutamente. Invece, così com'è, il romanzo apparisce un po' arbitrario; i personaggi agiscono in un certo modo perchè all'autore è piaciuto farli agire in tal modo; e quel che traluce qua e l