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Aggiornato: 23 giugno 2025
Dormi forse con lui? LELIA. Dio il volesse ch'io fusse tanto in grazia sua! ch'io non sarei ne' dispiaceri ch'io sono. PASQUELLA. Oh! Non dormiresti piú volentieri con Isabella? LELIA. Non io. PASQUELLA. Eh! Tu non dici da vero. LELIA. Cosí non fusse! PASQUELLA. Or lasciamo andare.
I suoi amici compassionevoli; interruppe il Fiesco; i suoi soccorritori nelle angustie, in cui lo avevano messo le angherie degli Aguadi, degli Ovandi.... e degli altri. E lo immaginavo ben io. Ma come chiuder la bocca a tutti? Anche lei, la buona Isabella, doveva qualche volta porgere orecchio a tante accuse, che venivano d'ogni parte al suo trono. E ne piangeva, ora credendo, ora discredendo.
ISABELLA. Mirate se v'è niuno. LELIA. Non ve l'ho detto? Non si vede persona. ISABELLA. Oh! Io vorrei che voi tornasse dopo disinare quando mio padre sará fuora. LELIA. Lo farò; ma, come passa il mio padron di qui, di grazia, fuggite e serrategli la finestra in fronte. ISABELLA. S'io non lo fo, non mi vogliate piú bene. SCATIZZA. Dove diavol gli tien la man, colei? CRIVELLO. Oh povero padrone!
E Galeazzino? sempre bello? sempre galante? sempre adoratore di madonna Isabella? Oibò! Il signor Luchino dorme soltanto finchè vuole. Il bel Galeazzo è vagabondo per povert
FABRIZIO. Dieci, non tanto una: ho forse paura di voi? VIRGINIO. Gherardo, ora che voi l'avete qui drento, ordiniamo di serrarla in camara con tua figliuola fino a tanto che si rimanda pei suoi panni. GHERARDO. Ciò che tu vuoi, Virginio. Pasquella, porta la chiave della camera da basso e chiama Isabella che venga giú. PEDANTE e STRAGUALCIA.
Il sacrestano abbassò la fiaccola, e toccandole con una mano, l'una dopo l'altra, tutte e cinque, mi disse con voce lenta e solenne: "Qui riposa la gran regina Isabella la Cattolica." "Qui riposa il gran re Ferdinando V." "Qui riposa il re Filippo I." "Qui riposa la regina Giovanna la pazza." "Qui riposa donna Maria, sua figliuola, morta nell'et
CRIVELLO. Oimè! oimè! O seccareccio, altrettanto a me. SCATIZZA. Non ti diss'io che la baciarebbe? CRIVELLO. Or ben ti dico ch'io non vorrei aver guadagnato cento scudi e non aver veduto questo bacio. SCATIZZA. Il veggio. Cosí fusse tócco a me! CRIVELLO. Oh! Che fará il padrone, come egli 'l sappia? SCATIZZA. Oh diavol! Non si vòl dirglielo. ISABELLA. Perdonatemi.
Comincia' gli a dire, acciò che egli mel credesse, di questo suo amorazzo: e fu per crepar di ridere con certi gioveni che eran lí; e voleva pur ch'io gli portasse un bossol d'assafetida; tal che, cosí dileggiato, me ne partii. Or, se 'l padrone il vuole, diemi piú quattrini. CRIVELLO, SCATIZZA, LELIA da ragazzo e ISABELLA.
A me piace ben che tu sia venuta a casa della tua balia; ma l'esser veduta in questo abito è poco onore e a te e a me. LELIA. Oh sventurata! Costui m'ha conosciuta. Con chi parlate voi? Che Lelia! Io non son Lelia. GHERARDO. Oh! Poco fa, che noi t'inserrammo con Isabella mia figliuola, tuo padre ed io, non confessasti tu d'esser Lelia? e, poi, credi ch'io non ti conoschi, moglie mia?
Lo Assedio di Firenze dedicai a persona anonima, e così rimanga: questo è un segreto fra un sepolcro e me, nè a me giova levare il sigillo della morte. La Isabella Orsini dedicai a Gino Capponi.
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