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Il paragone di Baccio non mi sembrò punto strano: il suo racconto in cui altri più positivo di me non avrebbe visto che una fiaba grossolana, mi interessava grandemente. Lo ascoltai come la più seria cosa del mondo. Egli era certo in buona fede. Eravamo in sacristia dove don Luigi ci aveva lasciati soli per entrare in chiesa a parare l'altare per la benedizione. Il sacrestano mi fece la sua confidenza agitando il turibolo a ravvivarne le brace. Il barlume del crepuscolo cadeva dall'alte e strette finestrello su certi visi pallidi di madonne e di sante; il bisbiglio sommesso dei devoti che entravano in chiesa, certi echi profondi, un acuto profumo d'incenso, la maest

12 aprile. Eravamo soli in una cameretta disabitata del sacrestano: c'era una crociona nera dei morti: un canapè: delle seggiolaccie: un tavolo sconnesso.... Sui monti imperversò un uragano. Lei aveva paura dei lampi.... Si schiarì il cielo: tornò il sole, bellissimo: la montagna divenne festante. Io lessi l'agonia suprema del mio Tintoretto! Che speranze, che fede nell'arte! Che baldanza nel guardare al mio futuro! Chi rid

I preti, disperati di veder occupato il loro paese dagli eretici, inventarono la storia, che nel palazzo, di notte, vi si sentiva, cioè si udivano dei rumori soprannaturali, e si raccontava di più, che un sacrestano ch'ebbe l'ardire di volervi passare una notte, disparve, e non se ne seppero più notizie, probabilmente portato via dagli spiriti degli antichi signori del castello, che non tolleravano stranieri.

Il sacrestano che ne sapeva più di me, mi spiegò questa iscrizione. Ferdinando Colombo fu, giovanissimo, paggio di Isabella la Cattolica e del principe Don Giovanni; viaggiò nelle Indie con suo padre e suo fratello, l'ammiraglio Don Diego, seguì l'imperatore Carlo V nelle sue guerre, fece altri viaggi in Asia, in Affrica e nell'America, e per tutto raccolse con infinite cure e ingenti spese libri preziosissimi, dei quali compose una biblioteca, che dopo la sua morte passò nelle mani del capitolo della cattedrale, e rimane tuttora col titolo famoso di Biblioteca Colombina. Prima di morire scrisse egli stesso i distici latini che si leggono sulla pietra della sua tomba e manifestò il desiderio di essere sepolto nella cattedrale. Negli ultimi momenti della sua vita, si fece portare un vassoio pieno di cenere, se ne asperse il viso pronunziando le parole della Sacra Scrittura: Memento homo quia pulvis es, intonò il Te Deum, sorrise e spirò colla serenit

Da quella sala passate in una stanza pure mirabilmente dipinta a fresco dal nipote del Berruguete, e da questa in una terza dove un sacrestano vi spiega sotto gli occhi i tesori della Cattedrale: gli enormi candellieri d'argento, le pissidi scintillanti di rubini, gli ostensorii tempestati di diamanti, i paramenti di damasco ricamati in oro, le vesti della Vergine coperte di rabeschi, di fiorami e di stelle di perle, che ad ogni ondeggiamento del tessuto mandan bagliori e lampi di mille colori, a cui regge lo sguardo a fatica.

Il sacrestano abbassò la fiaccola, e toccandole con una mano, l'una dopo l'altra, tutte e cinque, mi disse con voce lenta e solenne: "Qui riposa la gran regina Isabella la Cattolica." "Qui riposa il gran re Ferdinando V." "Qui riposa il re Filippo I." "Qui riposa la regina Giovanna la pazza." "Qui riposa donna Maria, sua figliuola, morta nell'et

Il sacrestano accese una fiaccola e accennandomi una specie di botola, situata in dirittura della corsia che separa i due mausolei, mi pregò di alzare il coperchio per scendere nel sotterraneo.

Un'ora vi riesce scarsa per veder di sfuggita tutta quella mostra di tesori, che basterebbero a saziar l'ambizione di dieci Regine e ad arricchir gli altari di dieci basiliche; e quando il sacrestano, dopo avervi fatto vedere ogni cosa, cerca negli occhi vostri l'espressione della meraviglia, non vi trova che quella d'uno stupore attonito, che accusa l'immaginazione vagante altrove, lontano, nelle reggie favolose delle leggende arabe, dove i genii benefici accumulano tutte le ricchezze sognate dall'ardente fantasia dei Sultani innamorati.

Il cicerone m'aiutò, scoprimmo la botola, il sacrestano scese, e io gli tenni dietro giù per una scaletta angusta fino a una piccola stanza sotterranea, nella quale eran cinque casse di piombo, cerchiate di ferro, ciascuna segnata di due iniziali sormontate da una corona.

Mentre stavo per uscir dalla chiesa, un sacrestano mi fece un cenno, mi condusse dietro al coro, e m'indicò una lastra del pavimento, sulla quale lessi una iscrizione che mi fece battere il cuore. Sotto quella pietra sono sepolte le ossa di Ferdinando Colombo, figlio di Cristoforo, nato a Cordova, morto a Siviglia il 12 luglio del 1536, nell'et