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Le feroci superbie al Cielo avverse Ben compianse di Roma il gran Pastore, E con mel di parole il crudo asperse, Ma via più sempre s'innasprì quel core; Finalmente a giustizia il varco aperse, Ed infiammato di superno ardore Armò la destra, e fe' volarne i tuoni, Stanco di preghi e d'offerir perdoni.

Il sacrestano che ne sapeva più di me, mi spiegò questa iscrizione. Ferdinando Colombo fu, giovanissimo, paggio di Isabella la Cattolica e del principe Don Giovanni; viaggiò nelle Indie con suo padre e suo fratello, l'ammiraglio Don Diego, seguì l'imperatore Carlo V nelle sue guerre, fece altri viaggi in Asia, in Affrica e nell'America, e per tutto raccolse con infinite cure e ingenti spese libri preziosissimi, dei quali compose una biblioteca, che dopo la sua morte passò nelle mani del capitolo della cattedrale, e rimane tuttora col titolo famoso di Biblioteca Colombina. Prima di morire scrisse egli stesso i distici latini che si leggono sulla pietra della sua tomba e manifestò il desiderio di essere sepolto nella cattedrale. Negli ultimi momenti della sua vita, si fece portare un vassoio pieno di cenere, se ne asperse il viso pronunziando le parole della Sacra Scrittura: Memento homo quia pulvis es, intonò il Te Deum, sorrise e spirò colla serenit

Sorse alfine; e de l'ombre impazïente Gli opposti vetri a le fresche aure aperse. Taceva anco la notte, e rade e lente Fuggían contro al mattin le stelle avverse; Un zeffiro gentil da l'orïente Le vaghe ali movea di brine asperse, E ad ogni fior de le ben culte aiuole Dolci olezzi traea, dolci parole.

Fornito il dir, de l'essecrabil spada Pon l'else in terra, e con crudel furore Sovra lei s'abbandona, e fa che vada L'orrida punta a ritrovarle il core; L'alma, che se ne uscì per l'empia strada, Le guancie asperse di mortal pallore, E quegli occhi ammorzò, ch'al mondo furo Lampi di viva luce, un nembo oscuro.

Entrò il prete con la stola bianca, seguito dai chierici che portavano l'aspersorio e la croce senz'asta. Tutti c'inginocchiammo. Il prete asperse d'acqua benedetta il feretro dicendo: Sit nomen Domini.... Poi recitò il salmo: Laudate pueri Dominum.... Federico e Giovanni di Scòrdio si sollevarono, presero la bara. Pietro apriva d'innanzi a loro le porte. Io li seguivo.

Chiede da l'alte donne, ed indi intese Sovra il dolor da Trasideo sofferto, Che da molte percosse egli s'offese; Ma non per tanto, che suo scampo è certo; Onde con esso lor sen va cortese A trovare il guerrier di gran merto, E con sembianze di allegrezza asperse Primier le labbra a favellargli aperse.

I Sacerdoti celebrarono gli ufficii divini con la esattezza dei nostri soldati quando fanno la carica in dodici tempi, e presso a poco col medesimo entusiasmo. Beatrice a nulla badò, nulla intese: solo quando il sacerdote asperse la bara di acqua benedetta, uno spruzzo dalla fronte del morticino le rimbalzò sopra la faccia.

Il prete recitò altri salmi. Quindi fece l'invocazione perché l'anima dell'Innocente fosse chiamata al cielo. Quindi asperse di nuovo la bara con acqua benedetta. Uscì, seguito dai chierici.

E a me, madonna, ha levato di dosso un bruco villoso...... sapete, di quelli che poi fanno i farfalloni...... Son carine, le farfalle, con quelle loro ali screziate e asperse di polverina d'oro! , ma i bruchi son pure le moleste bestiaccie. Io rinunzio alle farfalle, madonna, se, per vedermele poi aliare dattorno, ho da lasciarmi strofinare dall'epa di quei vermiciattoli neri.