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Aggiornato: 16 giugno 2025
Andrea, più che di gelosia, provò allora un senso di disgusto e di ribrezzo, scorgendo la faccia rossa, accesa del vecchio, vicino al letto, proprio accanto alla Baby, tutta bella, coi capelli biondi che coprivano mezzo il guanciale, e le ricadevano sul giubbettino di seta rosa, chiuso fino al collo.
No! ripetè il Laner agitando il capo sul guanciale, e fece per tirarsi su a sedere, ma lo assalì vivissimo il bruciore dei vescicanti in tutto il corpo rotto, e mormorò ricadendo disteso: Non posso.... Non posso....
"E potevi tu comandare al tuo cuore, povero angiolo?" pensai dentro di me "Ti amo!" le dissi forte. Mi perdoni? insistè. Ti perdono. Le sue labbra gelide si posarono sopra la mia faccia, e la sua mano trovò ancora la mia; ricadde sul guanciale e chiuse gli occhi per dormire. Da qualche tempo io lottava per non lasciarmi vincere dal sonno.
Ella si levò dalle mie ginocchia e rimase in piedi presso il letto; nel mentre abbassavo e accendevo la lucerna, Lidia non si ricordò di sostituirmi nella poltrona; mi guardava impacciata, colla mano destra sul guanciale. Ora c'è troppa luce, disse. M'avvicinai alla tavola e posi innanzi a quella lucerna una specie di ventaglio roseo, che mutò sùbito la luce viva in altra delicatissima.
Appoggiai il capo al guanciale di lei. Non so quanto tempo trascorresse di tal guisa; io mi era ridato un'altra volta a fantasticare. I miei pensieri erano meno tristi. Pensavo a Clelia, mi lusingavo che sarebbe guarita; mi proponevo di farla felice, di dimenticare e di farle dimenticare. In quel momento io era buono, avevo piet
«O che è questo picchio nell'orecchio? Che sia effetto del sangue?» In quel dire alzava la testa dal guanciale.
In un angolo c'era per terra uno strapunto, con un guanciale e una coperta di lana piegata: dall'altro lato un furrizzo, e un deschetto: sul deschetto una lucerna di stagno a due beccucci, un paniere coperto con un tovagliolo, due bicchieri, due bottiglie, una di acqua l'altra di vino, una castellina di piatti, e delle posate d'ottone. Sar
Fu come se in quel punto la signora avesse visto il più bel sole del mondo, innondare la camera di luce. «E sì disse, facendo segno di volersi rassettare sul guanciale: il pievano, il viatico, il Signore che ti benedica!»
mi sbarcò in un albergo, dove dovetti aspettare un'ora che mi si facesse il letto, e finalmente, poco prima delle tre della mattina, potei metter la testa sul guanciale. Ma le mie disgrazie non eran finite. Quando cominciavo a pigliar sonno, sentii un mormorio indistinto nella stanza accanto, e poi una voce maschile che disse chiaramente: Oh che piedino! Chi ha viscere di umanit
Ei della vita tua la miglior parte Avido succhia, e il fuoco di tue vene; E quel vampiro è l’Arte. Nelle tue veglie solitarie, oh, quante, Quante volte esso venne al tuo guanciale, Famelico e guatante!... Tu d’Apollo nascesti al vieto regno; Ma in questo secol bottegaio e tristo È un delitto l’ingegno. Su, denuda nel verso prepotente Le vive piaghe del tuo cor; sul viso Ti rider
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