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Il libro, che Gino Malatesti non aveva punto dimenticato, era stato scelto tra i più innocenti della libreria delle Vaie. Figuratevi che era il Novellino, in una piccola e modesta edizione di Parma. Non dava molto impaccio al portatore, e non c'era caso che gli si vedesse far grinze di fuori, al petto della giacca.

La vecchia Nunziata, affascinata, stava immobile come stanno le statue del Sacro monte, colla faccia irrigidita nelle grinze, in una espressione di comica afflizione, quasi dubitasse che il signor Ezio fosse ferito davvero; e intanto lasciava cascare i fichi dal piatto.

La reticenza, così lodata una volta dal suo maestro fra tutte le figure retoriche, gli sarebbe rinfacciata come una colpa. Ad altro, ad altro gli conviene far capo; altri spedienti, altri artifizi gli occorrono. Figuratevi che egli ha da diventare anche fisonomista, e cogliere tra le grinze del volto, perfino nel modo di tenere gli occhiali, il segreto dei mutevoli umori del suo Radamanto.

Ma una convulsione scosse ancora tutto quel povero corpicino sotto le lenzuola, che s'incresparono come l'acqua di un piccolo gorgo, nel quale fosse caduto un sasso. Pareva che istintivamente tentasse di alzare la bocca aperta, agitando le manine tutte grinze, colle piccole unghie diventate lunghe. Mio Dio, muore! si lasciò sfuggire Margherita chiudendo gli occhi.

Alla vecchia orgogliosa dama quella commozione pareva cancellar le grinze di almen dieci anni; un leggier vermiglio erale salito alle guancie avvizzite, si teneva alta e diritta sul busto, e coll'indice appuntato al foglio seguiva, parola per parola, tutto quel che v'era scritto. , non c'è più dubbio: disse poi tra : abbiamo vinto anche questa volta!

Lassù don Apollinare avea in casa l'Alemanno e Bianca; i quali, tornando dalla loro passeggiata, solevano andarsi a posare da lui, quasi ogni giorno. E Bianca conversava con donna Placidia, alla quale pareva persona di poco cervello, tanto era sempre assorta e tarda alle risposte: lo sposo se ne stava in un altro lato del salotto con don Apollinare, ascoltando i racconti che questi gli faceva, sulla caduta dei feudatari di quelle parti. Accertava il prete, che gli uomini non erano vissuti mai tanto felici, quanto ai tempi di quei buoni signori; e affermava che delle anime ne andavano salve in una di quelle generazioni, più che in dieci dei tempi di poi. Intanto per rallegrare l'ospite, gli narrava dell'ultimo signorotto di certo castello, che si vedeva diroccato su di un poggio poco discosto. Diceva raccontando che colui aveva saputo essere uomo pio e insieme buontempone; e che era arrivato cogli anni vicino agli ottanta, senza un dolor di capo. Ma, quasi agli ultimi mesi di sua vita, gli si era innestato il capriccio di non volere certe grinze in sulla faccia, che sapeva lui di che danno gli fossero, e quanto avrebbe dato per potersele levare. E si lagnava di questo guaio in guisa così noiosa; che alfine un suo servitore si mise in capo di uccellarlo e beccarsi i quattrini. Un giorno, mentre che il messere era nel buono del lamentarsi, gli disse in gran segreto, che egli sapeva d'un certo unto, che gli poteva rifare le guance fresche come a vent'anni; ma che per averlo occorreva sciogliere i legacci alla borsa. Pigliati la borsa intera! rispose il messere, fuori di dalla gioia; e dato al servitore quello che gli parve, n'ebbe l'unto. La sera del sabbato se ne fece spalmare la faccia per bene, proprio da lui, prima di coricarsi. Il ribaldo lo lasciò colla buona notte, e col divieto di specchiarsi per quattro giorni, pena di perdere il frutto del filtro: e il messere dormì sognando il bel viso che avrebbe avuto l'indomani, giorno appunto di festa. Uscito di buon mattino, fu grato in cuor suo al servitore, che aveva preso cura di portar via gli specchi; e subito andò in chiesa, a farsi ammirare dal contadiname raccolto alla messa. Gongolava vedendosi guardato con meraviglia, e pensava che quasi non lo ravvisassero dal tanto che era mutato: ma il cappellano quando si volse la prima volta a dire il dominus vobiscum, e vide il feudatario nero in faccia come la pece; diede in una risata così pronta e sonora, che uomini e donne stati fino a quel punto colle labbra tra denti, dalla tema di ridere e buscarsi dal padrone chi sa che pena, fecero coro al sacerdote; e, salvo il rispetto dovuto al luogo, fu una vera scenata. Il feudatario strabiliò, imbestialì, seppe com'era concio; e quando intese che il servitore se n'era fuggito sin dalla notte alle proprie montagne, dove egli non avrebbe potuto nulla contro di lui, per poco non iscoppiò dalla rabbia. Ma quasi più del mal gioco, gli spiacquero le risa del cappellano; e passata la collera, studiò giorno e notte per trovar modo di ricattarsene con usura. Non venendone a capo, pensò nulla essere meglio del promettere e giurare perdono al servo gabbatore; patteggiando per via di messi che l'avrebbe ripigliato in castello, se egli riuscisse ad uccellare il cappellano, ma in guisa da ridere un anno. Il servitore, avuto il giuramento, rivenne; e stette poco a macchinare una ribalderia peggiore della prima. Abitava il cappellano in una casetta, accanto alla chiesa a pie' del palazzo; e soleva andare a veglia dal signorotto, donde usciva ad ora tarda, dopo aver giocato e bevuto molto. Però prima di ritirarsi, non mancava mai di passare in chiesa a dire l'orazione, e ad aggiungere olio nella lampada se bisognava. La sera fissata tra il servitore e il feudatario ai danni del cappellano; fu fatto alzare il gomito al poveretto, il quale uscito da veglia vicino alla mezzanotte, volle tuttavia andare in chiesa; dove, fosse o paresse, vedeva pei finestrelli i ceri tutti accesi. Appena ebbe aperto, e messo il piede sulla soglia, fu colto da un religioso terrore, e corso a pie' dell'altare, cadde ginocchioni adorando. I ceri erano proprio tutti accesi; e sopra il tabernacolo, vestito di bianco, stava coll'ali aperte un angelo, che al cappellano parve disceso dal paradiso. «O Santo uomo disse colui dopo essere stato un tantino a vedere: tu hai abbastanza pregato, ed in premio hai da venire con me» «Sia fatto il vostro volererispose il prete, con un filo di voce, sebbene pensasse d'andarsene in paradiso. «Ma prima, tu lo sai, bisogna morire; soggiunse l'altro dall'altare però non temere di nulla, che vedrai come la morte sia dolceIl prete s'inchinò; un'ondata di sudore gli colò dal dorso in sulle reni; diede una capata sui gradini dell'altare e svenne. Allora il servitore del signorotto, buttò via le ali e i panni bianchi; e fattosi adosso al cappellano, lo ficcò in un sacco, ve lo legò dentro per bene, e se lo recò sulle spalle; poi lesto lesto lo portò nel pollaio. Entrato l

Vorrei anzi che ce ne fosse un po' meno. La fanciulla lo guardò con aria di stupore. Era egli che parlava così? L'elegante, il gentile, il garbatissimo conte Gino Malatesti? Ma , propriamente egli, e due grinze sdegnose agli angoli delle labbra commentavano ancora la frase che gli era sfuggita di bocca. Com'è cattivo! esclamò allora Fiordispina. Ha ragione, signorina; diss'egli.