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Aggiornato: 28 giugno 2025
PRUDENZIO. Non curar, giotto, uso al lupanaro. T'imparerò de avermi derelicto mentre ero con quelli uomini eruditi nel foro. MALFATTO. Oh! adesso adesso sono uscito fuori. PRUDENZIO. Non respondes ad propositum. MALFATTO. Prosopito des los bondi. PRUDENZIO. Taci, temerario, poltrone, inepto! Dimi un po': perché te nne sei tornato a casa? MALFATTO. Perché me è piaciuto.
La famosa risposta di Giotto a quel villan rifatto che voleva farsi dipinger l'arme da lui, è la riprova di questa comunanza di lavoro. Il rinnovatore dell'arte italiana non si doleva tanto di dover dipingere uno stemma, quanto di dover accettare la commissione d'un uomo di picciolo affare, che ragionava d'armi come se fosse il duca Namo di Baviera.
Il loro studio è utile per la storia dell'arte, appartenendo questi affreschi a stili diversi: a quello bizantino, a quello di Cimabue e di Giotto, fino ai secoli xv e xvi. Ne parlerò brevemente.
Sì, ma erano tutte cose che si potevano fare al tempo di Giotto e del Beato Angelico, perchè è un fatto che nell'evo medio a Venere erano riusciti a dare una bella batosta. Un po' con l'asperges, un po' col vade retro, Satana, l'avevano spaventata, povera Venere! Ah, l'evo medio aveva ridotto Venere in uno stato ben deplorevole. Una et
Ahimè, ragazzo, ahimè! interruppe mastro Jacopo con un sorriso che faceva contro alla mestizia della interiezione. Bisogna essere stati a Firenze e aver visto il Convito di Erode, che Giotto ha dipinto nella cappella dei Peruzzi di Santa Croce; bisogna essere stati nella cappella del Palagio del Podest
Ma il Massarani non è artista per niente, e poco appresso soggiunge: «Io mi ricordo, per parlare ancora dei tempi andati d'aver visto ogni giorno su per le scale degli Uffici di Firenze, la cacciatora di frustagno dell'artigiano o del contadino, e i larghi cappelloni di paglia delle loro donne; e d'avere udito, davanti ai capolavori della Tribuna, fior di giudizi da quegli ingenui compaesani del capraio che aveva nome Giotto, del pecoraio che si chiamò il Baccafuni, e del vaccaro che fu Andrea del Castagno.
Era nato a Prato vecchio, nella famiglia di messer Cristoforo Landino, e il nome patronimico lo aveva avuto da un frate di Casentino, guardiano al Sasso della Vernia, che l'aveva preso a ben volere, e, vedendo la sua inclinazione all'arte del dipingere, lo aveva acconciato con Taddeo Gaddi, nel tempo che questo valoroso scolaro di Giotto era a lavorare nel suo convento.
Non vi dico se mi gonfiò lo stommaco vedendo che colui faceva sí poca stima della moglie giovane e bella, per andar dietro a una fante: e, s'io avessi potuto, l'arei confinato in una cucina a succiar broda e a leccare strofinacci, poi che n'è sí giotto; e starebbe, la state, molto bene a questi tali.
A quest'epoca appartiene la grande pittura della sala del capitolo, che egli compì in S. Marco e che è una delle più belle che siano state fatte nel secolo XV, il suo capolavoro, l'ultimo fiore della scuola di Giotto; il soggetto ne è la passione, con santi in adorazione da ambo i lati. Il carattere dei due ladroni vi è riprodotto con molta perfezione. La testa del Cristo ha sofferto; i suoi tratti non son più precisamente riconoscibili. Ai piedi della croce sta, a sinistra, un gruppo di sorprendente eloquenza: la madre che sta per cadere in deliquio, abbandonando la testa e le braccia; la Maddalena, in ginocchio a lei dinanzi, la stringe al petto con ambe le braccia, i biondi capelli sciolti le cadono sulle spalle. Giovanni ed una delle donne sostengono Maria. Difficile sarebbe raffigurare più semplicemente l'altissimo effetto tragico; la sublimit
Io me ne accorsi in quel nostro viaggio del 1876. Era la prima volta che si spiccava il volo dalla casa, e freschi entrambi di studi e di affetti, corremmo a contemplare le porte del paradiso, il campanile di Giotto, e poi San Marco e la laguna. Quali giorni nella mia vita e come sento che molta parte della vita di lui è rimasta come trasfusa in me!
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