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Aggiornato: 1 giugno 2025
Mi girava la testa, ma, questa volta, diversamente di prima, vo' dire di quando la mi girava nel mio letto, allo scuro. Mi sentivo mancar il fiato: era la tormenta! E turbinava, oh! come turbinava! Mi credetti morto, e lo ero quasi, e mi distesi in terra, colle mani in croce, dicendo il De profundis e pensando intanto alla mia Gina, ai miei vecchi, ai miei piccini... e al... e anche al Sindaco!
La Gina non si accorse che intanto ripigliava a nevicare; non si accorse nemmeno che l'acqua entrava nelle sue scarpe; nè che le vesti strisciavano per terra. Non si sgomentò. Andrò dalla mia mamma, disse sottovoce, con un senso amoroso, la povera Gina. Conosceva bene la strada, perchè tutti gli anni soleva la mattina di Natale portarle un mazzo di fiori secchi, o un nastro ricamato.
Sicchè senza aspettare che i vecchi si risvegliassero, per dar loro il buon giorno, siccome ero solito fare fin dall'infanzia, presi il cappello e i miei ferri e mi avviai verso i pascoli di Gervasio, dopo aver raccomandato a Gina di non porre piede fuori dell'uscio, promettendole poi che sarei stato di ritorno al più presto.
Spavento, dico? no, rabbia, stupore, ribrezzo; giacchè era lui, l'infame uomo, che aveva spiato i nostri passi, che ne aveva certamente indovinato il motivo, e da quel momento, lo giurerei in punto di morte, stabilì di affrettare la rovina della povera Gina e la mia. Ci seguì, a pochi passi di distanza, fino sull'uscio.
Ma in cielo era scritto ciò che era scritto! Tuttavia le parole del signor curato mi avevano alquanto rassicurato, e rifacevo la strada verso casa con animo assai più leggiero, quando la Gina affrettò il passo stringendomi forte il braccio e quasi avvinghiandosi a me, come se avesse veduto il lupo. Fosse stato il lupo, fosse stato l'orso!... non mi avrebbe messo maggior spavento.
Era stata contenta in cuor suo che la Gina, sdrucciolando come aveva fatto, avesse sbarazzata la casa da una terribile rivale. La Gina si accostò all'uscio; non piangeva, anzi, se si deve dirlo, si sentiva un coraggio e un'energia, di cui ella stessa si meravigliava.
Egli era furibondo, gridava: l'ho finito io, e vo' buttarlo nell'acqua: non bisogna sotterrarlo in terra di cristiani, vicino alla Gina! Il dottore, a cui certo premeva assai più la salute del feritore che non la vita del ferito, s'informò di Beppe. Il montanaro rispose ch'era scomparso. Nessuno aveva tentato di trattenerlo.
Credo che fosse un urlo quello che mi uscì dall'animo all'udir questa infamia; giacchè il mio marmocchio più piccolo si destò strillando, e sentii nell'altra camera il povero padre voltarsi sotto le coltri e mandar un sospirone affannoso come è usanza dei vecchi disturbati nel loro primo sonno. Come il bimbo fu acquetato, presi pel braccio la Gina e ce ne venimmo insieme qui dal signor curato.
Gina! gridò la voce della vecchia dal fondo della scala. Gina era fuggita. Scivolò al bujo dalle scale, corse pel vicoletto, scappò via, mentre accendevano i primi lampioni.
Imparò anche a far dei mazzolini e vide in seguito che i fiori stavano bene in un canestro di vimini. Una volta che una di quelle signore dimenticò un cappello di paglia, a foggia di paniere, colla tesa larga e piovente, la Gina se lo provò sul capo, e vide che pareva anch'essa un fiore nel paniere.
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