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Aggiornato: 4 giugno 2025


A piangere, sicuramente, a piangere, guardando tra le lagrime i mazzolini, che il conte Malatesti soleva gittarle ogni giorno. Quei fiori, la più parte disseccati, erano tutto il suo dolce passato; gli ultimi, ancor freschi, solamente appassiti, sarebbero disseccati anch'essi tra breve.

Poi anch'essa gli si sedeva vicino sull'erba e si divertivano insieme a intrecciare ghirlande e a far mazzolini. Nelle ore calde del meriggio Agnese scendeva sotto l'ombra folta della riva per dar la caccia alle farfalline dai vivi colori, agli scarabei dorati e alle damigelle graziose, colle alette azzurre splendenti al sole.

Ella portava sempre una delle sue vestaglie di lana bianca, dalla forma di peplo, che odoravano di violetta, poichè fra le arricciature di merletto del collo, fra le morbide pieghe del petto, alla cintura, spuntavano dei freschi mazzolini di violette. Ella guardava, con gli occhi fatti quasi più grandi e un po' vitrei dalla lunga contemplazione. Che hai? disse Ferrante, baciandole le mani.

Ella sorrise ancora, senza rispondere, gli dette, con un atto gentile, uno dei suoi mazzolini di violette; egli lo prese, l'odorò e poi lo rigirò fra le dita, senza parlare. Anche tu sei triste? chiese ella, levando su la testa, con un gesto affettuoso. No, cara. Venivo a chiederti se volevi uscire. .... disse lei, dopo una pausa, Dove andiamo? In giro fece lui. Dove tu vuoi.

Ecco, deponiamo qui la nostra raccolta, tornò ancora la piccina, voi mi farete tanti piccoli mazzolini, ed io intrecciandoli insieme comporrò la corona. Vi piace? , ! E tutte si misero all'opera. Oh quanti bei fiori! E come sono olezzanti! Più di tutti le viole. Come piacciono a me le viole! Io ne vado pazza. Continuerei tutto il giorno a coglierne. Io pure.

Imparò anche a far dei mazzolini e vide in seguito che i fiori stavano bene in un canestro di vimini. Una volta che una di quelle signore dimenticò un cappello di paglia, a foggia di paniere, colla tesa larga e piovente, la Gina se lo provò sul capo, e vide che pareva anch'essa un fiore nel paniere.

Una sera vidi sulla sua tavola tra i fogli di musica, gli albums, i mazzolini di fiori, i libri, i lavori all'uncinetto, che l'ingombravano, un pezzettino di carta su cui, non so chi, aveva scritto parecchie volte Fulvia Zorra.

Talvolta perfino intonava le canzoni che aveva intese, che aveva ella medesima ripetute mentre giovinetta attendeva al donnesco lavoro, o quando colle compagne vagava di primavera cogliendo mazzolini di primolette e virgulti di mirtillo, ovvero nell'estate, in una barchetta, lungo le floride rive del Vergante, lasciandosi in balìa di un placido venticello, salutava le bellezze della natura, e al creatore di essa porgeva l'omaggio di un cuore puro e giocondo. Erano cantilene di amore; più spesso erano arie melanconiche, la cui mesta armonia meglio si addiceva allo stato dell'animo suo. Singolarmente le andava al cuore una romanza, in altri tempi composta da Buonvicino, e che egli medesimo più volte aveva accompagnata col liuto, mentre essa la cantava sopra le note, pure da lui ritrovate. Ed era questa: A che pensava ella? di chi si ricordava? Un giorno, l

Come la carrozza, per la salita, andava al passo, i monelli si facevano audaci, gettavano mazzolini d'edelweiss sulle ginocchia di Lidia, senza cessare dalla loro nenia mendicante. Lidia, che credeva liberarsene coll'offrir loro qualche moneta, se li vedeva comparir più numerosi.

Ti pare? Di dove prenderei i fiori per farti i mazzolini? Quello non lo posso dar via. Hai il passerotto! Oh mamma! Il passerotto? Un passerotto ammaestrato tanto bene, che mi vien dietro da per tutto! E le tortorine? Anche quelle, lo sai bene, le ho, si può dire rilevate da me, fino da quando uscirono dall'uovo. Le chiamo le mie figliuole. Dunque non hai proprio nulla da dare al povero Manfredo!

Parola Del Giorno

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