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Aggiornato: 24 giugno 2025
Sorta da l'Ocëan l'alba lucente Ne chiama a l'armi: io tue seguaci schiere Spingerò contra l'assediata gente, Se così ferma il tuo real volere. Gli risponde Ottoman: nel dì presente Mostri quanto ha valor, quanto ha potere Per la vittoria il mio gran campo: io poi Dò Rodi vinta in preda ai furor suoi.
Oh de la mente mia lucido specchio, alma gentil fra le belle alme bella, in cui fiso mirando d'ora in ora, si fan dentr'al mio cor novi concetti, da partorir scrivendo in nove carte; lietamente ricevi il novo frutto, che prodotto ha 'l germoglìo del tuo seme; e mentre io fo sonar la mia zampogna al furor del tuo Mopso porgi orecchie, e nel furor di Mopso al furor mio.
Con questo furor vostro e troppo foco, credendo farvi onor, vi rovinate. Gesú, Giuseppe e la Madonna invoco, e vi farò veder che v'ingannate, e che il vostro cervello ha un po' di vizio, credendo il mondo sempre in pregiudizio. Sonvi tre leggi, e la divina è prima, la seconda è del re che ci corregge, forma il popol la terza in ogni clima; benché non paia, ella è purtroppo legge.
E rivolto de Turchi al cavaliero Ei così gli dicea lieto in sembianza: Che di' tu d'Ottoman? qual fa pensiero? De la nostra vittoria ha più speranza? Quei risponde: Ottoman superbo, altiero Ne i suoi disdegni e ne i furor s'avanza, E non sa sbigottir: ben la sua gente Sorpresa da timor fassi dolente.
Gli sospendo a divinis o la messa: dicon che loro era cosa molesta; o spinto dal furor d'una contessa, vien qualche duca a rompermi la testa; e venti e trenta e cento ed una pressa, mi strapazzano alfin con gran tempesta: convien che il prete la sua messa dica, s'io non vo' morir martire all'antica.
Dunque fia ver, come diceva Aletto, Ch'a prò di Rodi il Correttor superno Aggia per la vittoria un duce eletto? E costui fa de' Turchi un tal governo? Vederlo io vuò; quinci riarsa il petto E gonfia di furor lascia l'inferno, E vien de l'aria a contristare il lume, E sopra Rodi al fin ferma le piume.
E se tal possa amabil dell'ingegno In me si fosse per dolore estinta, Languito avrei d'ira e superbia pregno, O l'alma a vil furor sariasi spinta: Della vita un frenetico disdegno Spesso prendeami in tanti mali avvinta, Poi la luce de' sacri inni tornando, Io riponea l'empio disdegno in bando.
Poi che 'l favor de' più benigni divi salir mi fece il glorioso monte, e mi fece veder fra i sacri allori l'alto mio santo e dolce amore; e poi che tolto via il furor di gelosia alti e dolci pensier battendo l'ali m'inalzavano al cielo altero e lieto; hai tronco 'l volo a' miei gentil desiri.
Un altro all'oche d'un vicin l'attacca, ch'è danneggiato d'un quarto di grano. Uno è in furor; vuol spezzare una lacca, se sa chi ne' suoi fichi ha posta mano. Cosí restan monarchi, arme e regine, per oche, vacche, ficaie e galline.
A tal vista Guidotto ed i suoi con un furor disperato si lanciano a gran corsa e a spade levate sopra i nemici, e ne fanno aspra vendetta. Que’ miseri allora rimangon liberi, ma in quale stato! Immaginiamo il dolor di Guidotto quando fra coloro che eran guasti delle membra e grondanti sangue, si vide innanzi il fratello, il suo Bindo!
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