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Aggiornato: 24 giugno 2025
Allor Sangario ambe le guancie è tinto D'atro pallore, e le pupille ha rosse; Muto riguarda, e da furor sospinto Calcò pria lo scannato, indi il percosse Con le vipere ree, che 'n man stringea, E con gridi, e latrati alto dicea: XXIV
Ma, il tempo scorre; e niuno venire io veggio,... e nulla so... Del tutto Seneca anch'egli or mi abbandona?... Ah, forse piú non respira... Oh cielo!... ei sol pietoso era per me... Neron giá forse in lui il furor suo... Ma, oh gioja! Eccolo, ei viene. OTTAV. Seneca, oh gioja! ancor sei dunque in vita? Vieni, o mio piú che padre... E che? nel volto men tristo sembri: oh! che mi arrechi?
Che dee far egli? alto campion contende Sì, che Rodi atterrar non è speranza; Se quinci ne i suoi regni a tornar prende, Quel suo ritorno ha di fuggir sembianza; Fra se diceva: or l'universo attende Quanto mia forza in arme oltra s'avanza, E se col mio furor son van gli schermi, E nel più nobil corso udr
Tagli e punte a furor quivi si mena, quivi ripara or scudo, or lama, or salto. Vada la botta vota o vada piena, l'aria ne stride e ne risuona in alto. Quelli elmi, quelli usberghi, quelli scudi mostrar ch'erano saldi più ch'incudi.
Il furor suo l'avrebbe tratto in quel punto medesimo a correre addosso alla sciagurata. Scannarla, cavarle il cuore, strapparle dalle viscere il feto non ben vivo, e stritolarlo sotto ai piedi, erano immaginazioni in cui si compiaceva e si mosse per darvi effetto; e gi
Posto quì fine al dir stringe la spada Ricoprendo d'oblio la propria pena, Ed eccitando i suoi prende la strada Ove furor contra il Baglione il mena; Toro sembrò, ch'arso d'amor sen vada Con adirato piè spargendo arena, Quando il corno arrotando empio si sdegna, Ed inverso il rival move l'insegna.
Cotal dicendo alza la spada, e crudo AMEDEO strigne; ei che 'l furor discerne Al ferir, che ne vien porge lo scudo, Così l'offesa, e la minaccia scherne; Ma dove quel selvaggio il corpo ha nudo Caccia l'acciaro entro le parti interne, E prima il ventre, e poi le reni impiaga; Quei cade, e 'l campo di suo sangue allaga.
E sì dicendo il duca si alzava, e il parlamento finiva. Tebani, ei grida in suon tremendo, Argivi, Dal reo furor cessate. Armati in campo Prodighi a nostro pro del sangue vostro Scendeste voi: fine alla pugna ingiusta Porrem noi stessi, in faccia vostra, in questo Campo di morte. Alfieri Polinice.
O sacri, vivi e lucidi cristalli, onde s'inaffian così rare piante, qual radice ha sentito il vostro umore c'ha virtù di produr pianta sì ferma che non le nuoce il più cocente sole: non la molesta grandine nè pioggia: non la crolla il furor di Borea o d'Austro, e non la tocca il folgorar di Giove? Qual radice ha sentito il vostro umore?
84 Non stanno l'aste a quattro colpi salde, e mancan nel furor di quella pugna. Di qua e di l
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