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Aggiornato: 28 luglio 2025
SINESIO. I giovani del nostro tempo, appena spuntano fuor della buccia, che sentono cillicarsi dalle dolcezze d'amore e hanno il pizzicore, s'amano e desiano trovarsi insieme; e quando vi sono, il maschio usa la forza e le sue armi, e la femina le soffre volentieri. Non vi dico altro. PEDOFILO. Usi la forza quanto gli piace, ché l'armi non riusciranno.
Se io sposo costei, subito cognoscerá che io femina e non maschio sono; e, da me scornati, el padre e la madre e la figlia porriano farmi uccidere. Negar di sposarla non posso; e, se pur niego di farlo, sdegnati, a casa maladetta me ne manderanno. Se paleso esser femina, io medesima a me stessa fo il danno. Tener cosí la cosa piú non posso.
Questa mia figlia mi serviva a medicarmi e a mutarmi gli empiastri; fra pochi giorni, le venne la medema infirmitá e dal bellíco in giú l'ha tutta rósa e divorata, che non può piú servir per femina. E di piú, le è discesa una ernia di sotto, che è piú tosto un mostro che umana creatura; e ogni cosa che tocca infetta della medema peste.
SANTINA. Non è stata né sará mai la piú infelice femina di me per esser maritata a tal uomo! Mira a chi ho data cosí bella dote e cosí grande intrata... GERASTO. Tanto grande che la metá mi soverchieria; me ci affogo dentro. SANTINA.... e bella e profumata,... GERASTO. Puzzulente piú d'una carogna. SANTINA.... senza quello che vi vien dietro, ché me l'hai guasto e consumato.
BALIA.... Giá devi sapere che Sennia, la mia padrona, venti anni sono si maritò con Teodosio e di lui n'ebbe duo figli, Eugenio il maschio, Olimpia la femina.
O maladetti piaceri, che si gustano in amore; ché, se pur alcun se ne gusta, vien sempre mescolato con la paura di aver a finir fra poco tempo; anzi, quanto piú ti vedi amar fuor di misura, piú dá certo presaggio d'aver piú tosto a finire. E la fortuna, per esser femina, è sempre instabile e inconstante. Sperava questa sera sposarla: ecco la nostra favola ha mutato faccia.
SAMIA. Mi si mostrò piú aspro che un tribulo. RUFFO. Va', parlali ora per vedere se lo spirito l'ha punto raddolcito. SAMIA. Ti pare? RUFFO. Te ne prego. SAMIA. A lui ne vo. RUFFO. Olá! Tórnatene poi per di lá a Fulvia; e io ne verrò subito a lei. SAMIA. Fatto è. RUFFO. Fin che costei parla a Lidio, mi starò qui apparato. FANNIO servo, LIDIO femina, SAMIA serva.
FESSENIO. Perché non si è fuggito? SAMIA. Perché Fulvia pensa, prima che Calandro e li fratelli di lei si trovino ed a casa arrivino, che il negromante lo faccia di nuovo femina; e cosí levar la vergogna a sé e il periculo a Lidio. Ove che, se esso fuggendo si salvasse, Fulvia vituperata resteria. Però, volando, mi manda al negromante per questo conto. Addio. FESSENIO. Odi. Fermati un poco.
SAMIA. Te so dir che l'ha ne l'ossa! Dice aver visto Lidio suo dalle finestre e mandami a favellarli. Tirandol da parte, li parlerò. Bona vita, messer. LIDIO femina. Ben venga. SAMIA. Due parole. LIDIO femina. Chi sei tu? SAMIA. Mi domandi chi sono? LIDIO femina. Cerco quel ch'io non so. SAMIA. El saperrai ora. LIDIO femina. Che vuoi?
DULONE. Cintia vi manda a dir che, per temprarvi il dolore di non aver Cintio che pensavate, ma una femina Cintia, e ché non vi dogliate di Ersilia, la sua madre, e di lei, v'ha partorito un bel maschio. ARREOTIMO. Ed è ella infantata? DULONE. Infantatissima e di un graziosissimo bambino. ARREOTIMO. O Dio, quanto son oltremisura allegro!
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