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ARREOTIMO. O misero Arreotimo, e qual prima piangerai di tante disgrazie? che di maschio ch'io pensava Cintio, or sia femina; o di femina che ora la trovo, sia disonesta; o che nel fin perduta l'onestá, abbia insieme a perder la vita? o debbo forse pianger me stesso che sia vissuto insino a tanto ch'abbia dovuto veder tante disgrazie?

Piacque a Dio, dopo molto tempo avendolo desiderato, dar a Pedofilo mio padre me unigenito, e temendo della mia vita contro di cui fusse tessuto alcun laccio da' guelfi, diede nome di essergli nata una femina e mi vestí da femina; tenendosi cosí sicuro, mi mandò qui in Napoli ad allevarmi, e non potendo patir che vivesse da lui lontano, se ne è venuto a viver qui meco.

17 Poi che passò l'esercito di Spagna con bella mostra inanzi al re Agramante, con la sua squadra apparve alla campagna il re d'Oran, che quasi era gigante. L'altra che vien, per Martasin si lagna, il qual morto le fu da Bradamante; e si duol ch'una femina si vanti d'aver ucciso il re de' Garamanti.

E la voce sua parmi abbia preso assai del feminile. LIDIO femina. ... e di questa libertá privarmi? FESSENIO. Sará pur vero. LIDIO femina. Or sarò io per femina conosciuto e non piú maschio tenuto? FESSENIO. Cascato è ne l'orcio il topo. LIDIO femina. Or da vero Santilla, e non piú Lidio, mi chiamerò. FESSENIO. Misero me! che la cosa è pur vera. LIDIO femina.

¹⁷⁵ Cfr. i nostri Canti pop. sic., ediz., v. II, n. 749. Il monastero dei Sett’Angeli, convertito un secolo dopo in iscuola del Comune, dove taccheggiava una ignorantissima femina, onoravasi di suora Naselli dei Principi di questo nome; le Stimmate di suora Barletta dei Principi di S. Giuseppe; le Vergini, di suora Maria-Fede dei Marchesi di Villabianca, nostra vecchia conoscenza.

Onde facil ci fia, in questo suo amorazzo, condurlo a quel che noi piú vorremo. LIDIO. Ah! ah! ah! Io sono per morir delle risa. Ma dimmi: credendo esso che io sia femina, e maschio essendo, quando esso fia da me, come anderá la cosa? FESSENIO. Lassa pur questa cura a me, ché tutto ben si condurrá. Ma oh! oh! oh! Vedilo . Va' via, ché teco non mi veda. CALANDRO, FESSENIO servo.

La serva sua t'ha parlato? LIDIO femina. Or ora. RUFFO. E che le rispondesti? LIDIO femina. Me la levai dinanzi con villane parole. RUFFO. Non fu fuor di proposito. Ma, se piú ti parla, mostratele piú piacevole, se alla cosa attender vorremo. LIDIO femina. Cosí si fará. FANNIO. Dimmi, Ruffo: quando aría Lidio ad esser con lei? RUFFO. Quanto piú presto, meglio. FANNIO. A che ora? RUFFO. Di giorno.

FESSENIO. Di', piú correttamente, che tu hai trovato altri e perso te stesso. LIDIO femina. E chi ho io trovato? FESSENIO. Tua sorella Santilla, che ora è in te, sendo tu femina. Hai perso te stesso, perché non sei piú maschio, non sei piú Lidio. LIDIO femina. Qual Lidio? FESSENIO. Oh poveretto, che nulla ti ricorda!

1 Tutti gli altri animai che sono in terra, o che vivon quieti e stanno in pace, o se vengono a rissa e si fan guerra, alla femina il maschio non la face: l'orsa con l'orso al bosco sicura erra, la leonessa appresso il leon giace; col lupo vive la lupa sicura, la iuvenca ha del torel paura.

Che accidenti son li miei? FESSENIO. Per forza di negromanzia se' diventato femina. LIDIO femina. Io femina? FESSENIO. Femina, . LIDIO femina. Male il sai. FESSENIO. Però chiarir me ne voglio. LIDIO femina. Ah poltron! che vuoi tu fare? FESSENIO. So che io lo vederò. LIDIO femina. Ahi sciagurato! A questo modo, ah? FESSENIO. Con man lo toccherò, se me amazzassi. LIDIO femina. Ah prusuntuoso!