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Aggiornato: 22 giugno 2025
Pri la monaca racchiusa, Ch’avi sempri ostruzioni, Facci pallida e giarnusa Isterii, convulsioni¹⁷⁶, ¹⁷⁶ Meli, Poesie: Sarudda, ditirambo.
Tanti rigori di carceri correggevano essi i delinquenti che n’eran vittima? Risponda per noi l’amaro canto popolare del dolore: Cu’ dici mali di la Vicaria, Cci facissi la facci feddi feddi; Cu’ dici ca la c
LECCARDO. Se ti burlo, facci Dio che mai gusti vino che mi piaccia! CHIARETTA. A questo giuramento ti credo. A che ora? LECCARDO. Alle due, in questa casetta terrena. CHIARETTA. Perché non in casa nostra? LECCARDO. Ché facendo romore non siamo sconci: ne parlaremo piú a lungo in casa. CHIARETTA. Bene. LECCARDO. Non mancarmi della tua promessa. CHIARETTA. Né tu della tua.
Subito che serai entrato in casa, vo' che si bandisca la guerra mortale a sangue e a foco al pollaio, che si dia la rotta a tutt'i fiaschi, pignatte, bicchieri e piatti piccioli che sono in casa; vo' che mi sieno consignate le chiavi della cantina, dispensa, casce e d'ogni cosa: vo' essere il compratore, il cuoco e il maggiordomo; vo' la parte di tutto quello che si pone in tavola, che non vogli vedere il conto di quel che spendo né che mi facci levar mattino, ma che mangi e dorma quanto mi piace; e sopra tutto che questo pedantaccio non accosti in casa.
Ben supplico io a te, vivo topazio che questa gioia prezïosa ingemmi, perché mi facci del tuo nome sazio». «O fronda mia in che io compiacemmi pur aspettando, io fui la tua radice»: cotal principio, rispondendo, femmi. Poscia mi disse: «Quel da cui si dice tua cognazione e che cent’ anni e piùe girato ha ’l monte in la prima cornice,
Ahi, mondo traditore, cosí si trattano i pari miei? non so che mi tiene che non dia un calcio alla casa e non la facci balzar per l'aria con quanti vi sono dentro! Ma troppo io son vile a far conto d'una sfacciata feminella, ché non la terrei in casa per forbir i piatti né il suo padre per famiglio di stalla. Son ricercato e va a ricercar lui: merito questo e peggio!
ISOCO. Io son stato tacito insino adesso, stimando che la tua importunitá avesse pur a far qualche fine; ma veggio che sei soverchiamente temerario, e dubito che non facci temerario ancor me. Ma forse non v'intendete l'un l'altro.
Tu, perché non ti facci maraviglia, pensa che ’n terra non è chi governi; onde sì svïa l’umana famiglia. Ma prima che gennaio tutto si sverni per la centesma ch’è l
PANURGO. Fate quel che vi piace: non so che farvi. Perdonatemi, ho da fare a casa. Deh, se posso trovar uomo che me lo facci conoscere, se non il farò pentire d'aver posto piede in Napoli, voglio essere sbranato in mille parti! ESSANDRO. Ancora che fusse in mezzo un essercito de nemici, farò tal scempio di lui che non vo' che lasci segno alcuno d'esser stato nel mondo.
GERASTO. Oh, come sei divenuta pallida! che ti duole? ESSANDRO. Oimè, il cuore! GERASTO. E come sará maritata, mariterò ancora te. ESSANDRO. Mi sento morire, mi sento uscir l'anima! GERASTO. Su, dammi i baci per la buona nuova. ESSANDRO. Partetivi, di grazia: ho sentito la padrona in fenestra, e credo ne facci la spia.
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