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Mi avete promesso per non attendere e m'avete onorato per beffarmi; ma farò che la beffe torni sopra voi, il cibo che avete divorato senza me farò che mal pro vi facci: ché non mi terranno tutte le catene del mondo, che non vada ora al dottore e non gli riveli tutte le furbarie che gli avete fatte.

Credo ch'omai d'altro puoi perder poco. ARTEMONA. Tu non l'hai chiamato. Di' che son io, ché mi spedirá, forse. TIMARO. Eccol che viene. Arruffati, barbuta. ARTEMONA. Dio ti facci contento. CRISAULO. E te meschina, donna maestra di non dir mai vero e vender ciancie. ARTEMONA. E perché dici questo? Ancor io non ti intendo.

52 S'a disfidar s'ha Orlando, son quell'io (rispose) a cui la pugna più conviene: e pronto vi sarò; poi faccia Dio di me, come gli pare, o male o bene. Facci

55 E fu sempre il mio intento, ed è, che m'ami la bella donna, e non che mi sia odiosa: ma, quando Amone uccida, o facci o trami cosa al fratello o agli altri suoi dannosa, non le do iusta causa che mi chiami nimico, e più non voglia essermi sposa? Che debbo dunque far? debbol patire? Ah non, per Dio! più tosto io vo' morire.

EUFRANONE. Alzatevi, signor don Flaminio, ché la vostra soverchia creanza non facci me malcreato: ardisco abbracciarvi perché me lo comandate. DON IGNAZIO. Intendo, signor don Rodorico, che per accomodar il fallo di don Flaminio l'avete ammogliato con l'altra sorella.

FACIO. Mira bene che non facci errore. PELAMATTI. Egli è certissimo. Non vedete che le tien sovra? FACIO. Giá le conosco. Taci tu, lascia dire a me. Galante uomo, vi vorrei dir due parole. Sto ragionando con questi gentiluomini di cose d'importanza. FACIO. Adesso adesso vi spediremo. FACIO. Vorrei sapere se sète Facio, dottor di leggi. PANURGO. Perché me ne dimandate?

Ma guardo pure e non ci veggio alcuno. Quel non è Girifalco? Orsú! Mi voglio apparecchiare a una magra cena. Girifalco da ben, Dio ti contenti. Ti son pur servitor: ma sei un cert'uomo che non mi degni; o che tu m'abbia in odio, non so perché. GIRIFALCO. T'ho in luogo di fratello. PILASTRINO. Toccala qui. Vo' che istasera facci una bontá: che venga a cenar meco, se mi vuoi ben.

Si voglion gli animali adoperare solo a quel che son buoni. EPARO. Ben, madonna. Torna Fileno da casa di Artemona roffiana e racconta piú cose strane che v'ha veduto. FILENO. Addio, vecchiona. Parti che ne facci a dritto ed a traverso? E poi al padrone porta mille ciancette e vuol che creda che questa sia la prima che ha venduto e quel che fa sol faccia per servirlo, come intera e da bene!

LAMPRIDIO. Madre mia dolce, vi giuro ch'una delle cose che m'accesero fieramente dell'amor di tua figlia, fu la onestá e la bontá che conobbi in lei; e se mento, facci Iddio ch'io sia privo di lei, ché non so se maggior disgrazia potrei ricevere in questa vita.