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La tragedia del pensiero umano col pensiero cosmico ricompare nei drammi storici, nei quali il grand'uomo non può interamente assorbire la generazione che spinge nel futuro, indovinare quella che ne evoca; e allora tutto quanto rimane fuori di lui, o dietro alle sue spalle nella storia del suo popolo, o davanti alla sua fronte oltre i raggi de' suoi occhi nel destino del popolo che sta per sorgere, si congiunge sul suo capo come un'immensa vôlta che si abbassa e lo schiaccia.

In molte case il genitore credente racconta ai figli il grande avvenimento, e li trasporta colla navicella della fantasia a Betlemme, nella stalletta: in altre, dove la fede è svanita, il suono delle campane evoca lontani ricordi, così dolci, così soavi; il ricordo dei defunti genitori, dei nonni, che avevano creduto; toccano certe corde nell'anima, che da anni danno suono lontano in quella notte fortunata e destano la nostalgia di un passato che non ritorna, di un futuro, al quale non vogliono tendere e che pure sentono così desiderabile; desta la nostalgia di un raggio di fede nella notte della loro vita mondana; di un grande raggio di fede, che illumini la loro esistenza così egoistica e faccia luce sul mistero della morte.

Nella melodia soave, ironica, carezzevole, la voce si sviluppa delicatamente sale e s'intenerisce morendo, poi con vellutate violenze si scaglia in ondate impetuose su, su fino a delle note fulve, calde, sorridenti. L'eleganza imperiosa e maschia della voce domina, determina e precisa la passione. L'immaginazione nostra evoca il golfo napoletano nella sua carnalit

Il suono festivo delle campane giunge ai fedeli che si pigiano nelle chiese, vagamente illuminate, e fissano lo sguardo sull'altare della vita, al quale il sacerdote celebra i divini misteri e dove egli evoca quello stesso divino Infante che è nato a Betlemme. Essi uniscono la loro voce a quella del celebrante. Cantano: Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volont

Se li chiama intorno e dice piano, in gran segreto: Non basta che mi riceva. Voi sapete che egli può «tutto» vi dico «tutto» Evoca perfino i morti! Si picchia il petto. Eccomi qua! Mi vedete! E non c'è arte di magia che gli sia ignota. Ebbene, Monsignore, Madonna: la mia vera condanna è questa o quella guardate indica il suo ritratto alla parete, quasi con paura,

Le sente del poeta il mesto cuore, Che ripieno di spiriti e leggende Evoca i tempi e fa riscoccar l'ore De' giorni morti, mentre il corso scende Nella barca che porta il suo dolore. Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando, Tra i rochi sassi nel silenzio vai: Proceder forte oprando Questo ti salvi se di più non hai.

Per dare i movimenti successivi d'un oggetto bisogna dare la catena delle analogie che esso evoca, ognuna condensata, raccolta in una parola essenziale. Ecco un esempio espressivo di una catena di analogie ancora mascherate e appesantite dalla sintassi tradizionale.

Spesso ella si rivolge al passato, ed una delle sue poesie migliori è appunto: l'Incontro di Beatrice e di Laura in Paradiso, dove felicemente evoca le due ombre, che amorevolmente si intrattengono, anime sorelle, e si dileguano poi come due stelle Nova tracciando via Di luce e d'armonia.

Ma come non amarti, rispondeva commossa la giovinetta, tu così buona, così amorosa! E gettatesi contemporaneamente le braccia al collo madre e figlia, strette in un tenero amplesso piangevano insieme lacrime di tenerezza. La madre! Oh i dolci ricordi che questo nome onninamente caro ci evoca nel nostro cuore!

La persona di cui ti parlo non cade in tranche, cioè: non si addormenta, non entra in catalessi; èvoca, con potere misterioso, in pieno giorno, semplicemente, per via di certi suoi scongiuri. È una maga, a quel che pare. È una povera donna, secca, pallida, malaticcia, vestita sciattamente, che vive, credo, di elemosina.... E col mestiere di fattucchiera, lo interruppi, ridendo. Niente affatto.