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Aggiornato: 1 novembre 2025


A questo punto il furore del Luciani non ebbe più modo: cieco di rabbia, tremante per ira, co' denti della mascella superiore si morse il labbro inferiore per guisa, che ci rimasero sopra le orme impresse, alcune pagonazze, altre stillanti sangue.

Il principe diceva ciò in tuono leggero, sorridente, e anche la principessa, guardandolo, sorrideva e gli mostrava i suoi denti nitidissimi. Il principe era un uomo gaio, simpatico, dissipatissimo, ma che avea, tra le dissipazioni, serbato fortissimo il coraggio, il sentimento dell'onore, la dirittura de' criteri.

Pietro alzò i pugni; ma l'altro tornò a dire: «Ecco il madera!» E gli scaraventò nel viso un rimasuglio di rigovernatura rimasta nel secchio. Il pellagroso rivolse a lui la faccia grondante di quel luridume, coi denti stretti, ed i pugni serrati e tremanti in atto minaccioso.

Cristina, ritta in piedi presso alla finestra, dietro le imposte chiuse, i pugni stretti, i denti serrati, schizzava fiamme dagli occhi. Ogni tanto i suoi nervi scattavano. Una imprecazione smozzicata le usciva dalle labbra rosse come il sangue. Un sasso volò. Poi un altro. Allora ella non ebbe più pace. Voleva affrontare i suoi nemici, faccia a faccia. Don Giorgio, mi lasci andare!

In la palude va c'ha nome Stige questo tristo ruscel, quand'e` disceso al pie` de le maligne piagge grige. E io, che di mirare stava inteso, vidi genti fangose in quel pantano, ignude tutte, con sembiante offeso. Queste si percotean non pur con mano, ma con la testa e col petto e coi piedi, troncandosi co' denti a brano a brano.

Pel labbro mio che beve le dolci aure serene, Pel vigoroso sangue che m’arde ne le vene, Pel bacio e pel desir, Pel folle riso ingenuo che scopre i bianchi denti, Per quest’intima forza che m’anima ai possenti Sogni de l’avvenir,

PRUDENZIO. Cosí me rispondi? Adunque, io te devo dare da resarcire el ventre e farte le calighe e i diploidi e i pilei, e devi fare a tuo modo? Ma guarda pur ch'io non ti dia qualche alapa che non ti metti quattro denti nel gutture! MALFATTO. Per Dio! Patrone, missere, odite, per questa croce. PRUDENZIO. Che vòi ch'io oda?

Nel cucinone entra un'altra donna che spiava dalla camera vicina. Si precipita anch'essa a baciarmi le mani, in ginocchio. E' una falsa magra, agile, audace, bocca carnosa, bellissimi denti, grandi occhi neri lucenti. Corpo senza pudore, sessualit

Arrivai in faccia a un portone spalancato e sormontato dallo stemma del carcere giudiziario, con la lingua che penzolava dai denti come quella di un cane. Ero digiuno, con la bocca secca. La lingua mi sembrava un pezzo di carne dalla pelle ruvida in bocca come un castigo. A sinistra dell'entrata, era un tubetto di ottone che usciva arcuato dal muro e lasciava cadere una colonnuccia d'acqua.

Sentiva, vedendolo, uno strano brivido nel sangue, involontariamente digrignava i denti, gli veniva come un'insana voglia d'essere insolente verso quell'uomo, di ribellarsi a lui. Un'acre bestemmia pareva destarglisi in bocca.

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