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Aggiornato: 22 luglio 2025


Enrica raccontò che avea licenziato l'intendente: e prese una sfuriata, parlando della negligenza della sua gente cui si doveva la morte del vecchio; gente barbara, essa diceva, idiota, senza costume. Avevo conosciuto, da bambina, quel povero vecchio! E le lacrime, le sue solite lacrime, la soccorsero. Vi aggiunse un po' di tremito; il preludio d'una convulsione.

Ma la vide in una convulsione di pianto, avvilita, vergognosa, e non osò dir altro. Ella rimase un momento, forse aspettando una interrogazione conciliante sulla colpa che confessava, poi uscì sempre piangendo e senza scoprirsi il volto. Marco non ebbe il coraggio di trattenerla. Provava un'ignota sensazione di vergogna come se il colpevole fosse stato lui.

Per quattro giorni la duchessa Adriana resistette a non aver notizie di Annibale. Ma si sentiva vinta e non cercava che di prorogare il momento in cui la prima parola di amore sarebbe uscita dalle sue labbra. Annibale non veniva, la casa le pareva deserta. Si annoiò mortalmente al teatro. Una mattina entrò in chiesa, cercando rifugiarsi nel misticismo, ma, dopo una convulsione nervosa, si trovò l'animo più afflitto di prima. A casa, nella sua camera, pianse due volte. Desiderò di morire, vestita di raso bianco, coi capelli disciolti, coperta di fiori. Rimpianse di non essersi fatta monaca. Vagava nei suoi appartamenti come un'anima in pena. Una tenerezza grave le saliva dal cuore alle labbra. Finalmente una sera si decise. Stanotte, a mezzanotte, scriverò un biglietto ad Annibale, lo avr

Lo seguii fino ai piedi della scala, disfatta, reggendomi a stento, udendo con terrore la pioggia che incominciava a cadere. Aperse la porta mentre uno scoppio di tuono scosse tutta la casa; la sua alta persona balenò per un istante sulla soglia, si curvò, disparve. Io mi accosciai a terra, singhiozzando, in preda a una convulsione di lagrime.

Benchè fossero due contro uno, l'assalto pareva più forte e impetuoso della difesa, e senza il mio ajuto chi sa come l'affare sarebbe terminato. Io lo terminai nel miglior modo possibile, cioè traforando il collo a quel demonio di lupo con una palla di piombo scoccata dalla mia carabina. Il cavallo tremava in tutte le membra come preso da convulsione, e sbuffava dalle narici un vapore di fuoco.

Tutto il sangue le rifluì al cuore in una convulsione suprema, che strappò un urlo anche al bambino. Ella se lo intese nel cervello. Lui, lui, era lui, il padre!

Non l'avesse mai fatto!... Uno scoppio di tosse, spaventevole, le troncava la parola; poi le veniva un singhiozzo tormentosissimo, una specie di convulsione che la faceva diventar tutta livida. Pareva in punto di morte; ma non si arrendeva.

Fu l'ultimo sfogo di passione, l'ultima convulsione di pianto, che scosse l'anima forte e combattuta di Vicenzino. L'ultima lotta della sua vita. Rispose all'Elena. «Non sai che mi faccio missionario? È un pezzo che nessuno ignora questo mio disegno in paese. Non ho più casa da offrirti. Colla prossima missione partirò per le Indie. Saluta Vincenzo, e digli che si faccia una famiglia anche lui.

Ella era divenuta stranamente rauca. Io la guardavo; e mi pareva di non riconoscerla, tanto era trasfigurata. Una convulsione contraeva tutte le linee del suo viso; il labbro inferiore le tremava forte; gli occhi le ardevano d'un ardore febrile. Mi condanni? domandò rauca ed acre. Mi disprezzi per quel che feci ieri?

Un orribile sarcasmo mi torceva l'anima. Mi pareva d'avere non nella bocca ma dentro di me la convulsione provocata da quell'erba che ci fa morire a modo di chi ride. Spronai il cavallo; e lo misi al galoppo, lungo l'argine del fiume.

Parola Del Giorno

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