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Aggiornato: 22 luglio 2025
Gli sponsali compiuti, i suoi muscoli, la sua anima, si rilassarono. Il suo sguardo, sempre commosso, divenne più sereno; la sua respirazione più eguale. Stringeva la mano di sua moglie in una convulsione di inebriamento.
Ad ogni svolta Fiordalisi caccia contro la pancia dell'inseguitore un mobile preso a caso con relativi ninnoli, cristalli, vasi e vasetti crollanti. Corsa di ostacoli con frastuono infernale. Dietro al marito ansava la moglie scarmigliata, in camicia, con pianti, singhiozzi e braccia in convulsione.
Era l'ora del tramonto; il sole prima di nascondersi dietro un palazzone che sorgeva dall'altra parte del canale mandò un fascio di raggi nella stanza e tinse d'una luce purpurea il letto improvvisato e la faccia livida della morente. Ella s'agitò in un'ultima convulsione, poi le sue membra s'irrigidirono per sempre. Gasparo ebbe un ruggito da leone. Morta, morta!
Sì; donna Livia, il saprete, signor conte, è molto energica, molto coraggiosa; però non si riesce a vincere il morale, se non a danno del fisico.... Ed ella lo provò in quel giorno. Appena escita dalla chiesa, fu presa da un forte deliquio, da una specie di convulsione. Il cuore del conte si strinse.
I suoi occhi, le sue mani, tutto aveva dovuto diversamente soffrire prima di quello spasimo supremo, nel quale le era parso di morire, mentre in alto la sua immagine nuda affogava dentro il lucido gorgo dello specchio in una convulsione di agonia.
Ella era fredda, inanimata, con le pugna contratte come in una convulsione dolorosa: solo, ad intervalli, un breve respiro le usciva affannosamente dalle labbra. Il professore ebbe un lampo di speranza: viveva, viveva!... e tosto, ringagliardito, con una slancio pieno di passione, sollevò da solo fra le sue braccia il corpo di Loreta e, tenendola strettamente contro il petto, la portò in casa.
Fu messo in una gabbia di ferro della quale mordeva le spranghe, e qui stette come un cane idrofobo per una settimana in preda a convulsioni tremende. Impossibile fare il ritratto di quest'infelice; più non era un uomo, aveva l'aspetto d'una belva arrabbiata, l'espressione di Lucifero. Infine, dopo sette giorni in preda ad una tremenda ed atroce convulsione, spirò. Fu una scena orribile.
Egli mi faceva compagnia, e si stava allegri. Poi, per tenermi più a lungo all'osteria, mi mise in mano le carte. Dapprincipio giuocavo con indifferenza, ma a poco a poco m'entrò la passione dei fanti e dei cavalli, delle spade e delle coppe; gli assi mi mettevano in convulsione, avrei dato cento scudi per un dieci di danari, mi pareva impossibile che l'uomo potesse vivere senza le carte, ci pensavo il giorno e la notte, e le vicende del giuoco unite al liquore di Bacco mi agitavano il sonno terribilmente. Le giornate mi parevano più lunghe, la scuola sempre più noiosa; io attendeva con ansiet
Un grave accasciamento succedeva alla convulsione interna. Mi sembrò che a un tratto la mia anima fosse divenuta una povera cosa gualcita, avvizzita, rimpicciolita, una cosa miserabile. Mi ammollii; ebbi piet
Voglio udirvi parlare di lui, e specialmente di quell’ultimo sorriso che gli metteste negli angoli della bocca, sopra le mascelle serrate che non poté disserrare più... Guardatemi, guardatemi. Lo imito, senza volere. Ella è così intieramente posseduta dall’imagine paterna, che per alcuni attimi la figura della convulsione mortale sembra riespressa dal suo gioco terribile. Gherardo Ismera.
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