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Aggiornato: 22 maggio 2025
Il concetto le piacque; i versi non le parevano miei, li trovava così differenti da tutti gli altri che le avevo dati. Lo capivo perfettamente, ma tuttavia le domandai in che li trovasse differenti. Mi rispose ch'erano più difficili, che le ricordavano molto più degli altri le sue letture di classici italiani e le facevano un poco l'effetto d'essere stati scritti da un pittore quattrocentista.
Una cosa che rattrista quando si studia la miseria a Londra, si è che questa miseria è un po' da per tutto. Noi l'abbiamo ora visitata nei suoi quartieri classici, quelli che attirano sempre di preferenza l'attenzione del moralista, dell'economista, del viaggiatore; ma essa esiste anche altrove, ed ecco che il West-End, uno dei quartieri più aristocratici e più eleganti, posto all'estremit
Io non porto imbasciate per conto di nessuno; rispose ella con piglio severo, e scotendo la sua testolina per modo che il cappuccio della mantellina le si arrovesciò sulle spalle. Scusate, vi prego! ripigliò Ariberti con aria contrita, mentre si faceva a ravviarle il cappuccio sulla testa, ma senza riuscire nella impresa, e brancicando involontariamente i classici avorii del collo.
Io Lascia Dante e la letteratura italiana. È un altro vespaio, dove per ora non voglio cacciarmi. Torniamo ai classici greci e latini. E dimmi: con quale altro mezzo, se non con questo cercar nelle tarlature dei codici, si potr
Sì, riprese la contessa. Io avrei voluto che tu ti dessi al commercio o all'industria, che tu entrassi, per esempio, in una Banca.... Ma è impossibile, cara mamma! esclamò Bruno. La mia coltura non è fatta per ciò; la conoscenza del latino e dei classici è assolutamente inutile per le Banche.
Ma nell’epistolario giulianeo si trova un’altra lettera (pagina 596), la quale, invece, è indubbiamente diretta al Basilio cristiano, ma essa è, non meno indubbiamente apocrifa. La goffa presunzione a cui s’ispira questa lettera, che pare scritta da un volgare millantatore, non può attribuirsi a Giuliano di cui conosciamo la spiritosa modestia. Vi si odora tosto il falsario che scrive ad avvenimenti compiuti. Giuliano descrive in questa lettera, con gonfia iperbole, la grandezza della sua potenza, riconosciuta da tutti i popoli della terra, e disprezzata dal solo Basilio. Per punire costui del suo contegno ostile, gli impone di portargli un enorme contributo in danaro, di cui ha bisogno per l’imminente spedizione di Persia, e minaccia la distruzione di Cesarea, nel caso che il vescovo avesse l’audacia di disobbedirgli. Il contenuto e lo stile della lettera basterebbero a dimostrarne il carattere apocrifo. Ma la prova più evidente è data dalla chiusa, nella quale il falsario adopera a sproposito una notizia di Sozomene. Narra costui che Apollinare di Siria, un letterato cristiano, autore di traduzioni bibliche in versi greci, e di operette morali, fatte sullo stampo dei modelli classici, aveva scritto un trattato contro gli errori filosofici professati da Giuliano e dai suoi maestri. Giuliano, dice Sozomene, letto il trattato, avrebbe risposto ai vescovi che glielo avevano mandato con queste tre parole
Conosceva, oltre la sua, perfettamente il francese, il tedesco e l'inglese, era coi classici famigliarissimo, e la innata attrazione per tutto che è nuovo ed ardito lo aveva fino dall'adolescenza portato quasi all'adorazione degli autori romantici, allora sconosciuti ai più, da molti rinnegati, compresi o portati alle stelle da pochissimi giovani ingegni, per ciò appunto bersagliati a loro volta e presi a celia.
Per quanto però avesse interesse e prendesse parte alle cose della patria, più volentieri lo facea coi fatti che colle parole. Voleva essere perfettamente istrutta del movimento delle cose; parlarne a lungo le dispiaceva; anzi, lo si può dar per certissimo, le recava una pena insopportabile. Discorrendo col giovane Sforza la condizione presente e l'avvenire della patria lontana, ad ogni quattro parole era impossibile di non toccare del Palavicino. Il tumulto eccessivo che sempre le si metteva nell'animo a tal nome era ciò che le faceva scansare di parlarne. Però a tentare ogni modo per dimenticarlo, e svagarsi, tornò agli studi severi, in cui giovinetta aveva mostrato di valere assai, quando, sotto l'Urceo, aveva atteso allo studio dei Classici latini; udito poi dal duca Sforza, che nell'universit
Questo è il punto per cui i classici dovrebbero rimanere sempre nostri ascoltati maestri.
Si era quindi in pieni studî classici italiani e latini.
Parola Del Giorno
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