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Aggiornato: 28 giugno 2025
Se lo conosco! è l'ultimo nostro tesoro; è un pugno della cenere di quella nostra vecchia bandiera della Guardia, che bruciammo a Vimercate nel 14, quando ci fu dato l'annunzio che tutto era finito.... Oh! me lo ricordo! tu fosti il primo a portare in piazza una bracciata di rami secchi e a darvi il fuoco, gridando che non avremmo restituite le nostre bandiere!...
La barba avea lunga, rabbuffata e grigia; la pelle, simile a quella che Geremia deplora nei figliuoli di Sion, tinta di cenere come il pavimento del forno . Si avviluppava dentro un ampio tabarro: le gambe e i piedi, l'uno soprammesso all'altro, aveva calzati di sandali, giusta il costume degli uomini del contado di Roma.
Vanno le donne angeliche nell'alta erba fiorita in lagrime la cenere strisciando di lor veste, E morta, ma ridente nel suo splendor celeste, portano una fanciulla tra i gigli impallidita. Di soave tristezza inebriate, il suono mandan le bianche voci. L'anima sofferente le segue umile e casta del pianto alla sorgente, ove le belle attingono la grazia del perdono.
E non aveva se non un pizzico di cenere su le tempie. Bandino. Vuoi farmi piangere? Mortella.
L’unica ragione che ella aveva data alla propria esistenza le si sbriciolava fra le mani, diveniva un mucchietto di cenere: fratellanza, uguaglianza, piet
AMASIO. Eccomi; e voi sète Lidia mia? LIDIA. Cosí fussi polvere e cenere non essendo riamata da voi! AMASIO. Avete il torto a dir cosí. LIDIA. Tutto il mondo vi predica per un tempio di cortesia e di gentilezza, solo a me usate tanta disamorevolezza e discortesia; ma io vi veggio, e appena lo credono gli occhi miei.
Cosparsa il crin di cenere Seco a pregar l'addusse; La confortò di massime Söavi ed inconcusse, E in mezzo a ignoti popoli, Quasi selvaggi ancora, Vestitala da suora, La chiuse in monaster. Ella, seguendo l'indole Di sua mondana vita, Da preci e da cilicii Affranta ed intristita, Per scongiurar la noja Del chiostro freddo ed ermo, Tradusse in canto fermo I timidi pensier.
Le misi un braccio intorno al collo, intorno alla nuca, la sua bella nuca scintillante... Così la piegai, la costrinsi ad affondare il capo nel mio guanciale... Dormimmo. In quella stanza era un trofeo d’armi; una immensa tavola nuda, macchiata d’inchiostro, logora dai tarli; due vecchi armadii, qualche sedia di velluto, un braciere pieno di cenere.
Nei suoi occhi non era mai passata un'ombra. Soggiunse: Ma è di lei, capisci? che io mi preoccupo! Di quella, giovinetta, di quella illusa, di quella tua vittima, io voglio sapere. Che ne farai? È spaventevole pensare che tu non abbia il concetto giusto della vita.... Filippo, che stava scuotendo la cenere della sigaretta in un piattino d'argento, alzò la testa.
Le finestrine del casotto hanno le loro tendine bianche; le pareti e le porte sono dipinte; dentro lo scompartimento di prima classe vi son dei sedili con cuscinetti, un piccolo tavolino con qualche libro, un armadio, uno specchietto; ogni cosa lucidissimo. Posando la valigia, lasciai cadere un po' di cenere di sigaro sotto il tavolino; dopo un minuto rientrai e non ce la vidi più.
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