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Aggiornato: 27 giugno 2025
Andati anco per questa volta a male i casi delle Romagne, nello intento di tornare da capo gli operatori di quelli rifuggivano in Toscana; i più, popolo, non avevano a temere altro, che andare in prigione, d'onde, dopo avere patito di ogni ragione disagi, erano cavati fuori per essere sbalestrati in altre terre con la intenzione del villano che sterpa la cicuta dal suo campo e la scaraventa sul campo del vicino. Al Piovano piace sapere, che se non unico, certo operosissimo ed animoso soccorritore di questi mal capitati fosse il Guerrazzi; nè Livorno solo potendo sopperire a tanta spesa, vi sopperirono Pisa, Lucca, Firenze, Pistoia, Siena e Montepulciano insieme con Arezzo. Andava a cotesti giorni famoso per infelice celebrit
Erano tutti ancora intenti a quell'opera quando ritornò mastro Jacopo. Il vecchio pittore era andato e tornato come un fulmine, trascinando con sè mastro Giovanni da Cortona, uno dei più valenti discepoli d'Esculapio, che fossero allora in Arezzo. Orbene? gridò il vecchio, affacciandosi al loggiato. È rinvenuta?
Quel degno gentiluomo non istette in forse, e il giorno dopo che ebbe ricevuto il messaggio della povera donna, si avviò con gran diligenza ad Arezzo, per vedere in che modo potesse tornar utile alla dolente famiglia. Era appena giunto in Arezzo, che gli si parò davanti agli occhi la torbida figura di Tuccio di Credi.
Voi dunque lo fate addirittura un tristo? chiese Spinello. O che altro volete che sia, un uomo che non parla con nessuno, che vi guarda tutti dall'alto al basso, e fa passare una grama vita alle persone che vivono con lui? Basta vedere come tratta la sua donna! Davvero? È ammogliato! Sì, con una donna che ha portata da Arezzo, a quanto dicono.
Così, contro l'intenzione dei tre sparlatori, il giovinetto andò in breve ora per le bocche di tutti, come un speranza dell'arte. Era inoltre aretino di nascita, e questo argomento della patria, per una volta tanto, faceva servizio. In quel risorgimento dell'arte italiana, Arezzo non aveva ancora un pittore di vaglia che fosse nato fra le sue mura.
Alle gioie domestiche di mastro Jacopo avevano preso parte moltissimi, in Arezzo, e si potrebbe aggiungere tutti gli abitanti della contrada. Mastro Jacopo era universalmente stimato; la sua figliuola era universalmente amata, anzi per dirla con una iperbole tutta nostrana, adorata. Figuratevi che davanti all'uscio di casa erano stati piantati degli alberi inghirlandati di fiori.
Il ricco e potente uomo, qualche giorno prima che madonna Fiordalisa morisse, si era allontanato da Arezzo. Che egli amasse la figlia del pittore e l'avesse chiesta in moglie, si sapeva da molti, e si sapeva altresì che mastro Jacopo gli aveva dato un rifiuto.
Bella cosa, il finire, non sentir più nulla delle usate molestie, e ricongiungersi a ciò che s'è avuto di più caro nel mondo! La mattina seguente, Parri della Quercia faceva ritorno ad Arezzo. Che dirò a vostro padre? chiese egli all'amico. A mio padre?... balbettò Spinello. Ditegli.... E trasse, così dicendo, un sospiro. Poi, facendo uno sforzo, riprese: Ditegli che lo contenterò.
La seconda maniera del mezzo s'intende assai sovente ciò che si contiene intra due estremi, o infra la circunferenza del cerchio; sí come Niccolaio di Tamech sopra il Tito Livio dice che Arno è un fiume posto nel mezzo tra Fiesole e Arezzo; e in alcun luogo dice la Scrittura, Ierusalem essere nel mezzo del mondo: per lo qual mezzo molti intendono il mezzo puntale, e ciò, come i geometri sanno, non è vero.
Ma dopo il desinare, Tuccio di Credi lo tirò in disparte e gli disse: Lasciamo solo il maestro; questa è l'ora in cui egli si raccoglie un tantino, per meditare le sue composizioni. Che gli fanno tanto onore! esclamò Parri, con accento di profonda convinzione. In Arezzo si parla sempre de' suoi trionfi, e tutti se ne rallegrano di cuore. Suo padre, poi, ne è veramente orgoglioso.
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