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Nella camera vicina, Tuccio di Credi e Parri della Quercia si guardavano in viso, crollavano la testa e sospiravano, come uomini percossi da una medesima sventura. Quella sera il curato del Duomo mandò il sagrestano alla casa di messer Jacopo, per chiedere a che ora del mattino gli facesse comodo di andare in chiesa per la cerimonia nuziale.

, ragazzo mio; bisogna vederlo, che cos'è diventato. Un vero guazzabuglio. Ma procediamo con ordine; altrimenti non capirai nulla. Ero sul ponte, a lavorare, e si trovava con me Parri della Quercia, per mesticarmi i colori. Ad un tratto, i massari mi vogliono giù. Che bisogno hanno di me, da chiamarmi così in fretta? Per fortuna, non mi ero ancor messo a dipingere. Scendo dal ponte, vo in sagrestia: e l

È vero; disse Parri della Quercia; ma tu ricorderai per qual ragione mastro Jacopo non gliel'ha voluta dare. Egli ha sempre detto che la sua Fiordalisa avrebbe sposato uno dell'arte sua. Spinello Spinelli è un pittore; dunque....

Questi sono i tuoi compagni di lavoro; Tuccio di Credi, Parri della Quercia, Cristofano Granacci, Lippo del Calzaiolo, il Chiacchiera... cioè, diciamo prima il nome che ha avuto a battesimo, Angiolino Lorenzetti, e poi diremo quello che gli hanno appioppato le persone intendenti.

Avete parlato con Tuccio? gli chiese, fissandolo in volto. Mio Dio, ; rispose Parri, che non sapeva mentire. Che noia! gridò Spinello, sbuffando. Tuccio vi ama; osservò placidamente quell'altro. Lo so, e m'è uggioso questo amore, che vuole ad ogni costo impicciarsi nei fatti miei. Mi lascino alle mie tristezze. Parri, io ci ho i morti nell'anima; come volete che pensi alle creature vive?

Il vecchio gentiluomo ascoltò con grande rammarico la storia dolente del suo povero amico, e confortò come potè quella ottima donna, che gli additava i suoi figli, Parri e Forzore, in cui si raccoglievano tutte le sue tenerezze. Son essi la mia consolazione e la mia forza; diceva monna Ghita. Quando sento che il mio cuore non regge più a tanti dispiaceri, guardo quelle due testoline bionde.

Bella cosa, il finire, non sentir più nulla delle usate molestie, e ricongiungersi a ciò che s'è avuto di più caro nel mondo! La mattina seguente, Parri della Quercia faceva ritorno ad Arezzo. Che dirò a vostro padre? chiese egli all'amico. A mio padre?... balbettò Spinello. Ditegli.... E trasse, così dicendo, un sospiro. Poi, facendo uno sforzo, riprese: Ditegli che lo contenterò.

Pensò, difatti, quando fu solo, pensò lungamente a tutte le cose che gli aveva detto il vecchio gentiluomo, ed anche ai discorsi di Parri, come a quelli di Tuccio. Benedetto chiacchierone, quel Tuccio! Era lui, proprio lui, che aveva destato quel vespaio, tirandogli addosso tante esortazioni ad un tempo. Spinello, per altro, non poteva lagnarsene troppo.

Spinello Spinelli vedeva la propria condizione e pensava con raccapriccio che avrebbe dovuto mentire davanti ad una povera fanciulla un affetto che non sentiva nel cuore. Ma gli soccorreva in quel punto l'esempio di Parri della Quercia. Gi

Gli scolari di mastro Jacopo s'inchinarono davanti a Spinello. Parri della Quercia gli stese la mano, dicendogli: Amico e fratello, se vi piace. Ma gli altri non si fecero così avanti, non si buttarono via come Parri della Quercia. Saremo amici, io spero! ripeteva sommesso il Chiacchiera, rifacendo il verso del nuovo venuto. Vedete che degnazione!