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Aggiornato: 27 giugno 2025


Se almeno ce ne fossero due, qua dentro, di donne! ribattè il Chiacchiera, che non voleva darsi per vinto. Ma, a farlo a posta, non c'è che questa, non c'è. Non prova nulla. Prova moltissimo. Che non ci sian più belle donne, in Arezzo? O che abbiano presa l'abitudine di tapparsi in casa, quando passa il Giotto redivivo? Ah , Giotto ridivivo! Ben detto! esclamò Lippo del Calzaiuolo.

I sessanta che governavano Arezzo, saputo del suo arrivo, deputarono quattro dei maggiori a muovergli incontro sulla via di Firenze e gli fecero accoglienze così schiettamente amorevoli, che avrebbero reso invidioso un trionfatore, tornato pur mo' dagli splendori del Campidoglio, per ricondursi a più semplici dimostrazioni di gioia, a Tuscolo, a Lanuvio, ad Arpino.

Una settimana dopo il dialogo che io v'ho riferito brevemente, si rizzavano i ponti e Spinello si metteva al lavoro, aiutato da Tuccio di Credi, il quale macinò e mesticò i colori del suo compagno d'arte, diventato suo principale, assai meglio che non avesse fatto in Arezzo. messer Dardano Acciaiuoli ebbe a pentirsi della commissione data a Spinello Aretino.

Via, non ci guastiamo il sangue; entrò a dire Lippo del Calzaiolo. Cristofano ha ragione, ed io seguirò il suo esempio; me ne andrò a bottega da Agnolo Caddi, in Firenze. Tanto qui non s'impara nulla. È vero, questo; notò il Chiacchiera. Mastro Jacopo ha l'aria di tenerci per misericordia, come si tengono gl'infermi all'ospedale. Non c'è che Spinello, in Arezzo!

To' aveva egli esclamato, udendo che il pittore era nato ad Arezzo. Abbiamo un altro aretino nel vicinato. E accennava col dito a manca, verso una collina poco distante dal Poggiuolo, dove si scorgeva un edifizio di forme robuste, tra il palazzo di campagna e il castello. Come si chiama quel luogo? chiese allora Spinello. Colle Gigliato, messere. È un bel sito, ma non quanto il Poggiuolo.

Di queste nobili cure il valoroso artefice aveva più lode in Arezzo, che non delle stupende tavole dipinto senza compenso per l'oratorio della confraternita, a cui, tra l'altre cose, una bella invenzione artistica, di Spinello, destando gli spiriti caritatevoli dei facoltosi aretini, aveva grandemente accresciute le entrate, e per conseguenza le forze necessaria ad operare il bene.

Dopo di che, adescato da più ragguardevoli offerte, si era ridotto a stabile dimora in Arezzo, che allora si governava da medesima, col consiglio di sessanta cittadini dei più ricchi e più onorati, alla cura dei quali era commesso tutto il reggimento.

I Marsupini, ricca famiglia di Arezzo, ottennero primi che egli dipingesse nella loro cappella un Papa Onorio, in atto di confermar la regola dei santo fraticello di Assisi. Dopo i Marsupini venne la volta dei Bacci. Messer Giuliano Bacci aveva il patronato di una cappella in San Francesco, e volle che il valente artista vi dipingesse una Nunziata.

Che cos'è accaduto? La vecchia zia si fece innanzi e condusse il sagrestano sull'uscio. Dite al curato che venga per le preghiere dei defunti; gli bisbigliò con voce soffocata dalle lagrime. Fiordalisa è morta. La sventura toccata a mastro Jacopo di Casentino fu profondamente sentita in Arezzo. Il vecchio pittore aveva molti amici, ed era ben voluto anche da coloro che lo conoscevano appena.

E dopo una tale domanda, in un giorno di buon umore o di comune pericolo, i cittadini di Lodi e quelli di Bergamo, i cittadini di Arezzo e i Pistoiesi, i cittadini di Faenza e quei di Ferrara, si fusero in una denominazione più collettiva Lombardi, Toscani, Romagnoli.

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