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15 Pargli Angelica udir, che supplicando e piangendo gli dica: Aita, aita! la mia virginit

E la Bardelli finì il suo sproloquio supplicando la signora Varedo di esercitar la sua influenza perchè Eugenio, che l'ascoltava come un oracolo, persuadesse Girolamo a non metter Paolo alla disperazione... Di Paolo, ancora per tre o quattro giorni, rispondeva lei. Diana cercò in tutti i modi di schermirsi dall'ingrato ufficio.

Vide Ugo, si avventò su di lui, supplicando ansiosissima e dolorosa: Siete ferito? Siete salvo? e buttò via il panno dal capo, lo raccolse per farne una fascia, sollevò la faccia a Dio. Era madonna Imilda! Quella vicino la casa di Agnese. Ugo non credette e lanciò innanzi le mani, come per stracciare una nebbia, gridando: No! È crudelt

127 Da l'altra parte i figli d'Oliviero con Sansonetto e col figliuol d'Otone, supplicando a Marfisa, tanto fero, che si diè fine alla crudel tenzone. Marfisa, giunta al re, con viso altiero disse: Io non so, signor, con che ragione vogli quest'arme dar, che tue non sono, al vincitor de le tue giostre in dono.

TINT. Fermatevi!... (va al letto di Maria, e la guarda e la tocca con ansia paurosa).... Quel pallore è tremendo!.... (imprecando e supplicando). Natura tristissima, che crei questi angioli per disfarli nel modo il più sozzo! Una figlia far

13 Dentro a Biserta i sacerdoti santi supplicando col populo dolente, battonsi il petto, e con dirotti pianti chiamano il lor Macon che nulla sente. Quante vigilie, quante offerte, quanti doni promessi son privatamente! quanto in publico templi, statue, altari, memoria eterna de' lor casi amari! 14 E poi che dal Cadì fu benedetto, prese il populo l'arme, e tornò al muro.

Nulla mi val che supplicando parli de la ch'avea in lui Zerbino avuta, e ch'io ne le sue man m'era creduta.

E una donnetta diceva: Poverino! se va a casa, chi sa quante legnate! è scivolato e ha rotto il fiasco. In due o tre, abbiamo messo insieme una lira di soldini, supplicando il ragazzino di andare a casa, chè la mamma non lo avrebbe picchiato. E la buona donnetta, pigliandolo per mano: Vieni, Cocco, non aver paura, che t'accompagno io. Dove stai di casa?

Ma s'avvide il giovine che l'infelice donna, atterrita per le violenti parole che gli prorompevano dell'animo esacerbato, volgendo il capo dall'altra parte, sentivasi oppressa da troppo forte passione, e sfuggiva il suo sguardo. Allora, supplicando chinò il capo dinanzi a lei; e colle più tenere e soavi espressioni che seppe trovare raddolcì l'amarezza che involontariamente le aveva versata in cuore; e così egli vide dissiparsi ogni nube da quella fronte venerata e cara. Le sedettero vicino i due giovani; e quando venne l'ora di staccarsi da lei, bisognò che l'onesto infermiere promettesse loro che li avrebbe lasciati tornare prima di sera. E tornarono, il Ghezzo seppe tener duro; cosicchè i due rimasero col

Manfredo, intanto che il Morone profferiva queste parole, lo stava guardando attonito, ed era pallido come un morto. Dopo qualche momento cambiò atteggiamento, e guardando il Morone come uomo che stia supplicando un suo superiore, e con voce quasi piangente: Sentite, Morone, io vi supplico come non ho mai supplicato nessuno al mondo, io vi scongiuro come si scongiura la croce nei più gravi travagli della vita; lasciate che io vada a Milano, si tratta di mia madre; voi l'avete conosciuta quell'infelice; voi sapete quanto abbia dovuto soffrire per me. Sovvengavi poi, oh! vi sovvenga, che fu un tempo nel quale avete amata quell'angelica e dolce creatura di un ardentissimo amore; voi eravate ben giovane ed ella ancor fanciulla. Vi muova dunque a piet