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Ai facili Tempi che venner poi, Forse più eccelsi titoli Non ebber ciuchi e buoi? Su questo cencio ignobile Che ha titol di Rivista Sputò la bava sordida Un rospo giornalista; Qui con oscene ingiurie Quel sozzo ordì i ricatti; E con tal foglio il podice Credi forbir? lo imbratti.

Sola sola, incerta, oscura, D'un rosso nastro il crin sozzo costretto, Le vie trascorre una strana figura, Guardinga agli atti, agli sguardi, a l'aspetto; Muta, veloce rasenta le mura; La destra invola furtiva nel petto; Sogghigna, ammicca la strada romita, Fermasi, brontola, fugge, è sparita.

Altri nel medesimo tempo, con pari diligenza e improntitudine maggiore, ricercavano Lucrezia e Bernardino, i quali sbigottiti lasciavansi fare, e piangevano. Certo sozzo, e avvinazzato sbirro si attenta stendere la mano sul seno della Beatrice; ma questa, prima che lo arrivasse, gli lasciò andare su la guancia un potentissimo schiaffo.

m'andava io per l'aere amaro e sozzo, ascoltando il mio duca che diceva pur: <<Guarda che da me tu non sia mozzo>>. Io sentia voci, e ciascuna pareva pregar per pace e per misericordia l'Agnel di Dio che le peccata leva. Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia; una parola in tutte era e un modo, si` che parea tra esse ogne concordia. <<Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo?>>, diss'io.

Una volta la scure, perocchè la giustizia ferocemente sincera gavazzasse brandendo la spada; ai miei giorni lo affanno; avvegnadio, piegando ai tempi, anche la giustizia, educata in collegio dai Gesuiti, siasi fatta ipocrita: ma non dubitate, no, i suoi colpi per essere ammenati co' bastoni di arena non riescono meno mortali di quelli percossi con la piccozza. Il giudice del decimosesto secolo, sbrancato dalla razza dei tigri, con un colpo di granfia ti faceva scemo del capo, il giudice del secolo decimonono, se timore di Dio non lo soccorre, e paura d'infamia, a modo di serpe ingola poco a poco gì'improvvidi uccelli, sicchè tu glieli senti pigolare fin dentro lo esofago, e glieli vedi palpitare anche in mezzo del corpo. Con una botta in testa, nei tempi passati anima e corpo estinguevano; adesso il secolo civile ha ribrezzo del sangue; onde imparò ad acuire l'anima; e dopo averla per bene affilata su la cote della disperazione, se ne lava le mani, e lascia a lei la cura di traforarsi una uscita traverso le viscere del condannato: prima erano colli mozzi, oggi sono cuori rotti. Quale dei due fosse più caritativo argomento altri giudichi: gli antichi sistemi non ho provato; conosco i moderni, e so che i nervi delicatamente gentili dei nuovi pietosi si offendono della disperazione scarmigliata, e vogliono ch'ella appaia in pubblico co' capelli pettinati a statua; così anche al vizio più sozzo si apre la porta di casa, gli si augura la buona sera, alla veglia domestica si accoglie, purchè si ammanti di verecondia, e la virtù ha da smettere coteste sue superbe jattanze, che ci hanno fradici; matrona e meretrice formano un terreno di confino, dove la virtù e il vizio esercitano il contrabbando su gli occhi ai gabellieri della morale pubblica. Dolori, affanni e delitti s'inverniciano con la tinta della decenza. Per amore delle fibre sensitive delle femmine, e sopra tutto per amore di quelle degli uomini, bisogna piangere con ordine, ruggire armonicamente, agonizzare con arte; ogni lacero di anima, ogni crispazione del cuore ha da essere classata, e numerata. Tutto occorre ai giorni nostri con esattezza prodigiosa, e propriet

MORFEO. Ancor sei qui, brutto poltrone? SPEZIALE. Se non ti piaceva, non potevi licenziarmi senza cacciarmene come si cacciano i cani? MORFEO. Sgombra, fuggi di qua! MORFEO. Che borbotti, sozzo asino? SPEZIALE. Era venuto a farti il serviggiale, non per esser battuto. MORFEO. Che hai ad impacciarti se voglio vivere o morire? sei mio tutore?

Il Mandello girato l'occhio intorno: Mi maraviglio, disse, che voi ve ne stiate in questo sozzo bugigattolo, mentre la canaglia sta contemplando il proprio ceffo ne' vostri specchi e saltando, sfilaccia il velluto delle vostre sale. Capirete dunque, ella disse, che se si continua di tal passo, non c'è più che la fine del mondo.

e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse, d’aequar sarebbe nulla il modo de la nona bolgia sozzo. Gi

Nulla avermi tolto estima Neron, fin ch'ei la fama a me non toglie. Tutto soggiace al voler suo: te stesso tu perderesti, e indarno: ah! per te pure tremar mi fai. Ma in salvo, è ver, che posta da lunga serie di virtudi omai è la tua fama: il fosse al par la mia!... Ma, giovin, donna, infra corrotta corte cresciuta, oh cielo! esser tenuta io posso rea di sozzo delitto.

Sozzo infamato, egli dal cor profondo Grida ver lui, che lo stendardo abbatte, Così si lascia ogni virtute al fondo? Uomo in grado d'onor così combatte? Che pera il giorno, che nascesti al mondo, E la ria madre, che ti diede il latte. E tanto di furor gridando ei s'empie Che con l'elso a l'alfier batte le tempie.