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9 O misera Ravenna, t'era meglio ch'al vincitor non fêssi resistenza; far ch'a te fosse inanzi Brescia speglio, che tu lo fossi a Arimino e a Faenza. Manda, Luigi, il buon Traulcio veglio, ch'insegni a questi tuoi più continenza, e conti lor quanti per simil torti stati ne sian per tutta Italia morti.

Ma scende nel 980, e l'anno appresso viene a Roma; e spinto da Teofania muove a mezzodí, si frammette di nuovo a quelle guerre, vi prende parecchie cittá, fa gran battaglia contra greci e saracini; e vincitor prima, vinto poi, rifugge sconosciuto a una galea greca; è conosciuto, e ne scampa arditamente a nuoto . Quindi egli risale a Lombardia; ed indi e di tutto l'imperio stava facendo grandi apparecchi, a finire una volta quella lunga guerra, quando morí, giovane di grandi speranze, degno del padre . Succedegli Ottone III fanciullo di quattro anni, giá eletto in dieta a Verona re di Germania e d'Italia, e probabilmente imperatore.

127 Da l'altra parte i figli d'Oliviero con Sansonetto e col figliuol d'Otone, supplicando a Marfisa, tanto fero, che si diè fine alla crudel tenzone. Marfisa, giunta al re, con viso altiero disse: Io non so, signor, con che ragione vogli quest'arme dar, che tue non sono, al vincitor de le tue giostre in dono.

Magnanimo garzon l'angoscia vinse De l'aspre piaghe, e raccogliendo in seno I fuggitivi spirti un'asta strinse Col vigor de la man, che venia meno, Ottoman passa, ed ei l'acciar sospinse Nel ventre al corridor; pon sul terreno Tosto le piante il fier tiranno e rugge, Ma dal buon vincitor l'alma sen fugge.

Non è quegli Ottoman, ch'a strazio mena? Che porta, ovunque giunge, aspra ventura? Che vincitor la nobilt

10 Dove, poi che rimase la donzella ch'esser dovea del vincitor mercede, inanzi al caso era salita in sella, e quando bisognò le spalle diede, presaga che quel giorno esser rubella dovea Fortuna alla cristiana fede: entrò in un bosco, e ne la stretta via rincontrò un cavallier ch'a piè venìa.

Il popol forte, Da l'armi oppresso e da la fame infranto, Schiude al superbo vincitor le porte, Che a quest'orrido aspira ultimo vanto. Egli entra, ei passa: è suo trofeo la morte, Suo cibo il sangue, sua letizia il pianto; Piega il ginocchio, e, crudelmente pio, Chiama a le stragi sue complice Iddio.

Poi che disteso il vede, e su l'arena Vede, ch'ognun nel mar cerca soccorso, Suoi spirti il vincitor punto non frena, Ma del voto destrier salta sul dorso, E spingesi fra lor; vasta balena, Che per lungo digiun s'avvolge in corso Ne l'immenso Ocean, fa minor scempi, Che d'AMEDEO la forza infra quegli empi.

Sparsero i Rodïan gemiti e pianti: Ma del rio vincitor le man spieiate Da per tutto spargean fochi fumanti, Non perdonando a le magion sacrate. Io, che nel tempio con umìl sembianti A la corte del ciel chiedea pietate, Fra 'l rimbombo de i gridi e de gli ardori, Piena di ghiaccio il cor, men venni fuori. Incontro un mio scudier pallido in viso, E dimando qual sia nostra ventura.

Che premio fia ch'al vincitor più tocchi, se 'l bel elmo involato n'ha costui? Ritrassi Orlando, e gli occhi al ramo gira: non vede l'elmo, e tutto avampa d'ira. 55 E nel parer di Ferraù concorse, che 'l cavallier che dianzi era con loro se lo portasse; onde la briglia torse, e fe' sentir gli sproni a Brigliadoro.