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Questo soliloquio somiglia a quel sonetto del Petrarca che incomincia: Sennuccio, i' vo' che sappi in qual maniera. «Gandharvas», uno de' nomi che gl'indiani dánno alle schiere celesti o sia geni buoni, chiamati altrimenti «dewta». Gl'indiani hanno otto diverse maniere di nozze. Quelle secondo i riti de' gandharvas sono le piú clandestine, e nondimeno legittime come tutte le altre.

Mentre le più orribili imprecazioni e bestemmie venivano a mescolarsi a tanto tremendo soliloquio, Esmeralda e Selvaggio, innocenti creature, stavano genuflessi ai piè di quel letto di angoscia supplicando l'Eterno di dare all'ultima ora di quell'uomo la calma per prepararsi all'estremo viaggio per l'eternit

Un giorno egli passeggiava solitario, assorto presso a poco in questo soliloquio: «Sono felicissimo d'esser lontano e libero, questa vita mi aggrada assai, ma la è monotona e non come me l'aspettavo. Bisogner

Eccolo appena metter piede nel bosco; eccolo vibrare una sola saetta; ecco disperse tutte le nostre calamitá. Esce Dushmanta. Ha l'aspetto d'uomo travagliato dalla passione d'amore. Esprime in un lungo soliloquio le pene dell'anima sua: ... Ah! per me non v'è pace, salvo che nel rivedere l'amica mia.

Questo mutamento vide Luisa nella occhiata fuggevole che volse a lui, mentre egli entrava con passo misurato nel salotto, volgendosi al canapè sul quale ella stava seduta. In quel viso sparuto, in quegli occhi affondati nelle orbite, ella lesse il lavorìo distruttore di un lungo soliloquio.

Per essi l'obiezione, l'affermazione e la negazione di quegli con cui stanno a colloquio non esistono. Si capisce che essi non spezzano mai nella mente il filo delle proprie idee; talchè la parte abbondantissima che essi mettono nel dialogo finisce coll'essere un lungo soliloquio, nel quale non trova posto neppur l'ombra del sentimento altrui.

Un giorno che si felicitava più che mai in un serio soliloquio della decisione presa, misurando quanto male potrebbe derivare dall'abbandonarsi alla corrente, si trovò senza saperlo nella via della casa proibita; passò al solito a sinistra, ma quando fu in faccia alla casa, abbassò d'improvviso la testa come un uomo vinto, e quasi ubbidisse fatalmente all'impulso delle sue gambe traversò la strada ed entrò.

Vi fo grazia del soliloquio, che avviato su quel tono, andò molto lungo. Quando ebbe finito di filosofare, alzò gli occhi, sempre a caso, come soleva, tanto per muovere il capo, e intravvide la fanciulla del balcone. Gli parve da un lieve motto della testa, che ella avesse finito allora di guardarlo. Ma non badò più che tanto a quel segno di curiosit

Il conte Gino, per altro, non fu molto contento del suo soliloquio. E perchè, Dio buono, se lo aveva fatto egli? L'uomo è di sua natura egoista. Si può senza troppo sforzo di educazione arrivare al punto di non desiderare la casa e la fortuna del prossimo; ma nessuna educazione può condurci a vedere di buon occhio che altri s'impadronisca e goda il pacifico possesso d'un fior di bellezza che abbiamo osservato ed ammirato noi. Noi, capite? Noi persona prima del singolare, quantunque i grammatici, buona gente, l'abbiano assegnata al plurale. L'ammirazione nostra è una specie d'ipoteca che prendiamo sulla cosa che ci ha colpiti e che farebbe tanto bene ad appartenerci. Ora, per un sentimento di questa natura, il conte Gino era triste? Lo sospetto fortemente, ricordando che nella chiusa del suo monologo egli fece una spallata, come se volesse con quella scacciar l'uomo «non troppo zotico e materiale», a cui in una spensierata liberalit

A questo punto del soliloquio di Laurenti, il cavallo, dopo aver corso a galoppo serrato quel lungo tratto di strada che è dalla scesa di San Martino fin oltre il sasso memorando di Quarto, e di l