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Era il bene evangelico ancor bello, ma soppresso, deriso e conculcato; ché i dotti, i quai dánno ragione al vizio, hanno assai concorrenti al loro uffizio. Non eran di Parigi i bei talenti dall'util filosofica scrittura, perché a Parigi in quel tempo studenti non si premiava letteratura.

Veramente più volte appaion cose che danno a dubitar falsa matera per le vere ragion che son nascose. La tua dimanda tuo creder m’avvera esser ch’i’ fossi avaro in l’altra vita, forse per quella cerchia dov’ io era. Or sappi ch’avarizia fu partita troppo da me, e questa dismisura migliaia di lunari hanno punita.

E noi lo avvertimmo, che per quel quarto di ora eravamo boscaioli e cacciatori, e che non avrebbe corso danno a mostrarsi meglio garbato. Sta bene; non volete acquistare come re, guadagnerete come servi; accostatevi qua... presso me... guardate laggiù... Dove?... In dirittura del mio dito... in quel fondo l

Ed al contrario le doppie di qualsissia principe sono state tante volte e in fatta maniera falsate, che se ne sono trovate che non contenevano la metá dell'oro dovuto, mentre con artifici detestabili dánno loro il colore, e, sebbene non può mai imitar quello dell'oro piú fino, assai però s'accosta a quello delle doppie ordinarie.

20 Quanto fia meglio, amandola tu ancora, che tu le venga a traversar la strada, a ritenerla e farle far dimora, prima che più lontana se ne vada! Come l'avremo in potestate, allora di chi esser de' si provi con la spada: non so altrimenti, dopo un lungo affanno, che possa riuscirci altro che danno.

È uno fatto apposta per compromettere la virtù in persona; uno di coloro che si cacciano intorno a una donna, zitella o maritata, e la sanno circuire in modo che, anche non riuscendo a conquistarla, danno al mondo tutte le mostre d'esserci riusciti.

Vorrei che mi facessi piacere pari alla cortesia, e questo servigio sarebbe il condimento di tutti gli altri. LECCARDO. L'impresa che mi proponi è di farmi essere appiccato. DON FLAMINIO. Fai gran danno non aiutandomi. LECCARDO. Maggior danno fo a me aiutandovi. DON FLAMINIO. Leccardo, to', prendi questi danari. LECCARDO. Ho steso la mano. DON FLAMINIO. Togli questo argento.

Guido insomma si avvedeva, leggendo la lettera della signora Argellani, di aver fatto opera sottile a suo danno, di essersi, come dice argutamente il proverbio, aguzzato il palo sulle ginocchia.

E anch'egli aveva i suoi scoramenti, i suoi dubbi, anch'egli si crucciava per questo libro, che gli editori chiedevano con insistenza e che non gli usciva di getto. Certo erano i continui sopraccapi della vita pubblica che gli offuscavano la limpidezza del pensiero scientifico, ed egli principiava a domandare a stesso se le due cose potessero andare di conserva, e se l'uomo politico non recasse danno allo studioso. Ma egli sentiva ormai che, messo alle strette, avrebbe accondisceso a rinunziar piuttosto alla scienza che alla politica; anzi quando più sfiduciato egli lasciava cader la penna sulle pagine del suo libro, si confortava dicendo ch'era nato per l'azione, e che solo in questo campo avrebbe potuto applicar le sue idee e svolgere ampiamente le sue facolt

Altri invece non si seppero rassegnare, e tra essi un ecclesiastico e nobile palermitano, il quale nel 1775 scriveva: «Lascio di far parola del danno che fa alla Republica l’abuso del diritto d’asilo, che nei suoi limiti è venerabile e sagrosanto, ma nei suoi eccessi è la maggior onta che possa darsi a’ malfattori, ladri, assassini, omicidi per devastare con sicurezza i beni e la vita dei cittadini, e per turbare la pubblica tranquillit