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Rispuose a la divina cantilena da tutte parti la beata corte, si` ch'ogne vista sen fe' piu` serena. <<O santo padre, che per me comporte l'esser qua giu`, lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte, qual e` quell'angel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina, innamorato si` che par di foco?>>.

ALTILIA. Siedi ancor tu, Lima; e chi ci ha invidia de' nostri contenti, non sia mai invidiato da altri. Ma se verrá mio padre, che scusa trovaremo che non l'abbiamo aspettato? CAPPIO. Cosí non ci mancassero denari alle borse, come non ci mancano mai scuse. Diremo ch'eravate stanche, che venevate meno senza fare un poco di collazionetta.

«Sposarti? sclamò la signora Maddalena balzando in piedi dall'allegrezza, come a mensa aveva fatto dalla paura: e spòsati, e sia benedetta la nuora che mi condurrai in casa....! Ma perchè mi hai tenuta tutta questa sera sulle spine? Ci voleva tanto a darmi questa bella nuova? Siedi, che ora non voglio vederti perdere la bella sicurezza di poco fa, per questo rimprovero; siedi e parliamo di lei. Gi

O tu che vivi sola, sul confine della foresta ove sei nata, e siedi d’un cedro all’ombra centenaria, i piedi ignudi e sciolto sulle spalle il crine: tu che hai negli occhi la corrente azzurra del fiume che laggiù splende fra gli elci, e, nascosta fra l’alte umide felci, sogni, ascoltando il bosco che susurra: dammi per questa sete che m’uccide un sorso:

Questi eretici dicono: Chiuditi nella tua cella; siedi da un canto, leva lo spirito sopra le cose terrene; appoggia la barba sul petto; fissa l'umbilico; tieni il respiro; cerca nelle viscere tue il cuore, sede della potenza dell'anima, e vi troverai dapprima tenebre, poi una luce limpidissima come quella apparsa sul Monte Tabor. Ma frate Barlaamo risponde....»

E a te letizia corre incontro e ride, Se dal palagio tra gli scossi campi Al lavor de' tuoi servi arrechi il dono Della parola che le voglie esorta. Oprar con loro anche t'è bello e senti, Quando poi siedi co' tuoi figli a mensa, Uscir dal pane un pio savor di fame Ai denti ignoto della gente morta. Col suon corrente la muta frangono notte le ruote.

Rispuose a la divina cantilena da tutte parti la beata corte, ch’ogne vista sen più serena. «O santo padre, che per me comporte l’esser qua giù, lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte, qual è quell’ angel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina, innamorato che par di foco?».

Rispuose a la divina cantilena da tutte parti la beata corte, ch’ogne vista sen più serena. «O santo padre, che per me comporte l’esser qua giù, lasciando il dolce loco nel qual tu siedi per etterna sorte, qual è quell’ angel che con tanto gioco guarda ne li occhi la nostra regina, innamorato che par di foco?».

La nostra gloriosa repubblica ha di cotali valentuomini al suo servizio, soggiunse gravemente Anselmo Campora, mettendosi a tavola. Siedi, amicone. Domani sarai l'aiutante del mio cuoco; oggi sei il mio commensale. Lo hai meritato. Chi fa bene, abbia bene in questa vita e nell'altra. Tu m'hai portato il migliore della tua osteria, e Anselmo Campora non lo ha dimenticato. Bada a me, ragazzo; porta sempre del vino buono al nemico; verr

Che capolavoro! esclamai. È di Sebastiano del Piombo. Siedi l