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«È forse da imputarsi a noi se Kelch e Deron pure ammettendo che quanto asserite nel vostro manifesto sia vero ritrovan la via di Parigi? Dovrem noi rispondere di Mazzini se di tanto in tanto gli è a grado di traversare la vostra Francia, sebben guardata, spiata e organizzata a guisa di un campo? Voi disponete ora di 3 milioni di franchi 2 di più che non a' tempi di Luigi Filippo apertamente destinati allo spionaggio: noi non spendiamo un obolo per tale ufficio. Or non potete difendervi da voi stesso, senza vessare, calunniare e minacciare vicini pacifici, che non ci han nulla che fare? Voi citate apologie del tirannicidio, stampate in Inghilterra; e che per ciò? Dovrem noi escludere dalle nostre scuole l'antica storia di Roma e di Grecia? Abolire la traduzione del Guglielmo Tell di Schiller, proibire, per decreto, la ristampa di Milton? La stampa è libera tra noi: in Francia è schiava; voi imbrigliate ogni manifestazione del pensiero ne' sudditi. Noi non vi chiediamo però di vietare l'apologia del macello degli Ugonotti, la ristampa del legato di vostro zio a Cantillon. Siatene certo, o signore, il tirannicidio non è conseguenza di poche pagine di ragioni teoriche, ma dell'odioso fatto della tirannide. Togliete questo di mezzo, e sar

Il cavalier Cipicchia rimase dolcemente atterrito, davanti a questo miracolo di donna, che gli esplodeva freddamente una massima di Schiller come se niente fosse, e pensò: Dio! che felicit

E invece di mandarti a fiamme l'anima con belle dissertazioni politiche, con argomenti pro e contra, a modo de' nostri avvocati, egli ti pone sott'occhio le virtú ed i vizi in azione: il che ti scema l'interesse e ti fa tepido. Quello Schiller poi, se 'l paragoni, non dico con altri, ma col solo Seneca, ti spira miseria.

Gli stessi Göthe e Schiller non avevano fatto insieme un Almanacco delle Muse e mandato i loro versi immortali sotto la coperta dei dodici mesi dell'anno? Ariberti fu scosso dalla efficacia dell'argomento. Per altro, innanzi di appigliarsi ad un partito, volle sentire il savio parere di Filippo Bertone.

Lo spediente tornava ostico al giovine poeta, che si sentiva bollir dentro a rinfusa Shakespeare, Byron, Schiller, Göthe, e una dozzina di profeti minori per giunta. Ma l'editore, che pizzicava di letterato, fu pronto a ribattergli che l'almanacco per l'appunto era una forma di pubblicazione non disprezzata dai grandi.

Questo spirito ardito che aveva scandagliate tutte le audacie dell'anima con Fichte, Hegel, Kant, Schelling, che aveva traversato tutti gli empirei della poesia con Schiller, Byron, Victor Hugo, Shakespeare, ignorava la sorgente di tutte le realit

Goldoni era sempre gustato. Il repertorio di Scribe e d'altri autori francesi godeva pieno favore. Si tentarono per la prima volta le tragedie di Shakespeare e di Schiller; l'Otello recitato dal Modena, fu al teatro Re male accolto; assai bene il Wallenstein. Una tragedia di Manzoni, recitata parimenti dal Modena, ottenne fredda accoglienza. Si leggevano avidamente i versi milanesi del Raiberti.

Allora avrai da me danaro per comperartene altri, come a dire del Vico, del Burke, del Lessing, del Bouterweck, dello Schiller, del Beccaria, di madama de Staël, dello Schlegel e d'altri che fin qui hanno pensate e scritte cose appartenenti alla estetica: il Platone in Italia del consigliere Cuoco sará l'ultimo dei doni ch'io ti farò.

Da circa vent'anni io non aveva più veduto il maestro Verdi. Nel 1846, o nel 1847, mi era trovato con lui, in Milano, ad un desinare di amici, e i tratti di quel volto pensoso e severo si erano impressi a caratteri indelebili nella mia giovine fantasia. A quella mensa, fra molti giornalisti, letterati, artisti e buontemponi di ogni specie, sedeva anche il cav. Andrea Maffei, l'elegante traduttore di Schiller, di Moore e di Goëthe, il virgiliano poeta i cui versi sono una musica. In mezzo alla gaiezza chiassosa di noi tutti, il poeta ed il maestro serbavano una taciturnit

Omero, Shakespeare, il Calderon, il Camoens, il Racine, lo Schiller per me sono italiani di patria tanto quanto Dante, l'Ariosto e l'Alfieri. La repubblica delle lettere non è che una, e i poeti ne sono concittadini tutti indistintamente.