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Ignorante e superbo era subdito, e molto piú è ignorante e superbo ora che è prelato. E tanta è la sua ignoranzia che, come cieco, dará l'offizio del sacerdote a uomo idiota, il quale a pena saprá pure leggere e non saprá l'officio suo. E spesse volte, per la sua ignoranzia, non sapendo bene le parole sacramentali, non consacrará.

DOTTORE. Io con la giustizia gli levarò Melitea con la vita. FORCA. L'uno e l'altra si strangolerá, e preverrá con una morte volontaria la violenta. DOTTORE. Ti do podestá che s'elegga un marito, come saprá desiderarlo. FORCA. Non bisogna piú elezione, ché se l'ha eletto giá; anzi una cosa vi fo saper certissima: che voi vedrete piú lei, Filigenio il suo Pirino. DOTTORE. Come?

NER. Mai non l'amai; mi spiacque ognora e increbbe; ella ebbe ardir di piangere il fratello; cieca obbedir la torbida Agrippina la vidi; i suoi scettrati avi nomarmi spesso la udii: ben son delitti questi; e bastano. Giá data honne sentenza; ad eseguirla, il suo venir sol manca. Roma saprá, ch'ella cessava: ed ecco qual conto a Roma del mio oprare io debbo. TIGEL. Signor, tremar per te mi fai.

Deh! guarda bene disse allora Liberato a l'asino e considera quello che tu parli; ché se per mala sciagura mai si saprá, tu ne sarai molto male trattato, ed io ti so bene accertare che tutte l'ossa con un grosso bastone rotte ti saranno in dosso in cosí fatta guisa che mai piú non portarai soma, ma miseramente di questa vita passarai.

E, perché a questo mi osta quello che dice, che vorrebbe sapere perché il cambio è o deve essere libero, e che nisciuno gli saprá ciò dire, acciò conosca questa ragione non essere tanto difficile di ritrovarla, anzi facile, che cosí sia, sta notata nella legge «Sicut», nel Codice, nel titolo De actionibus et obligationibus, dove si regola generale che li contratti da principio sono di volontá e, dopo fatti, diventano di necessitá: che, essendo la volontá di sua natura libera, segue che li contratti da principio siano tutti liberi; e, mentre il cambio è contratto, segue la medesima natura degli altri, che sia da principio libero.

A casa sua, benché alquanto discosto sia, me ne dirizzo, ché ben so dove sta. E farò sentirmi, ché far lo posso; perché altri non vi è che la sua vecchiarella e forse anche Fessenio, a' quali tutto è noto. Nessuno mi conoscerá: onde questa cosa non si saprá giá mai; e, se pur si dovessi sapere, egli è meglio fare e pentirsi che starsi e pentirsi. SAMIA sola.

Ché non me la dái? GIGLIO. Se volite ser mia madre, io vos la daré. PASQUELLA. Sarò ciò che tu vuoi, pur che tu me la dia. GIGLIO. Quando podremos ablar giuntos una hora? PASQUELLA. Quando tu vuoi. GIGLIO. Dove? PASQUELLA. Oh! Io non so dove. GIGLIO. Non teni in casa algun logar donde me possa poner io á questa sera? PASQUELLA. , è; ma se 'l padron lo sapesse? GIGLIO. E que! Non saprá nada, no.

EROTICO. Basta, saprá ogni cosa, e verrò io a dirglielo. Ma parteti da me: presto, presto, scòstati. BALIA. Perché mi scacciate cosí da voi? EROTICO. Per cosa che importa, lo saprai poi: scòstati, allontánati da me. BALIA. Che fretta! orsú, mi parto. EROTICO. Vorrei l'avessi fatto prima che detto. Ben venghi il mio caro Erotico, il mio carissimo figliuolo.

Non potrá mai nascere alcuna differenza nel dare o ricevere danari, imperoché, col mezo delle giá dette note, che saranno impresse sopra quelli che di nuovo si faranno, si conoscerá il loro valore, la lega, il numero ed il peso suddetti; e cosí anco si saprá delli giá coniati, che tassati saranno con l'ordine di sopra dimostrato. Sesta.

Ecco, andrá o mandará in casa del conte, e come saprá che è piú d'un mese che non vi son ito, scoprirá tutta la bugia, mi terrá sempre per un bugiardo e bisognando non mi crederá la veritá istessa. PANIMBOLO. Bisogna con una nuova bugia salvar la vecchia bugia: andiamo a casa del conte e rimediamo in alcun modo.