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In uno stato veramente compassionevole raggiungiamo Adua verso le due e ci andiamo a stabilire in casa di Naretti.

Ne faceva parte anche Nino Bixio, che in un suo taccuino, avuto in dono da Goffredo Mameli, cosí ne descrive l'itinerario: Partito da Genova con un avanzo della Legione Mantovana il 3 novembre 1848. A Pontremoli il 5 novembre. Da Pontremoli il 10 idem. A Firenze il 15 idem. Da Firenze il 16 idem. A Ravenna il 21 idem, dove raggiungiamo la legione Garibaldi. Cfr.

Alle 3 e mezzo siamo a Sahati, dove ci dicono è forza fermarsi per lasciar bere e pascolare le mule, e mentre sotto un gigantesco albero vediamo rischiararsi l'atmosfera per l'alba che si avvicina, i nostri camelli ci sorpassano; ripartendo alle 5 e mezzo li raggiungiamo dopo due ore, mentre stanno disponendosi al loro alt in un vasto altipiano, e dove ci fermiamo noi pure per una piccola refezione nostra e delle rispettive cavalcature.

Costeggiamo il monte fino ad incontrare sulla destra un avvallamento che ci permette di passare sull'altro versante per scendere nel fondo della valle e guadare il torrente Zerima che ha un letto larghissimo, ma ora vi scorre poca acqua. Verso mezzogiorno raggiungiamo l'accampamento di Naretti, ma i nostri servi per un puntiglio nato fra loro, hanno voluto proseguire.

Quel che fa un abissinese lo sapremo fare anche noi, gridiamo: i nostri spiriti si sono rianimati, in due minuti siamo pronti, e ajutati da due indigeni che gridano e battono l'acqua con un bastone per allontanare i coccodrilli, coll'acqua fino alla gola e facendo ogni sforzo per vincere la corrente, raggiungiamo l'opposta sponda.

Giù nel quartiere di Serravalle vociare e confusione. Gli arditi si precipitano in un portone. Li raggiungiamo troppo tardi. Quando entro tre bosniaci sono a terra sventrati. Non mi pento d'essere arrivato in ritardo poichè vedo nello loro tre mani destre tre enormi mazze ferrate. Buon giorno, Marinetti, mi dice il colonnello Trivulzio, con la pipa in bocca.

Nulla da fare. Uno sguardo affettuoso alle fosse, e raggiungiamo pedalando l'8ª squadriglia sull'ultimo tronco di strada che scende nella ghiaia del Cellina.

No; mi darete la risposta mercoledì. Sinceramente, spero! Sincerissimamente! Ho, forse, fatto male a chiedervi un consiglio! esclamò dopo una breve pausa. Ve ne sono gratissimo. Raggiungiamo gli altri ella concluse, sorridendo tristamente. E nel traversare la via, le strinsi forte una mano, mormorando: Avete fatto bene; ve ne ringrazio.

Tutta la strada è continuamente ingombra dal seguito di ras Alula, del quale verso l'una raggiungiamo il campo, che occupa uno spazio estesissimo, al centro del quale, su un'altura, sorgono le tonde del capo. Ci riceve assai cordialmente, ci fa piantare una tenda e subito ci regala di una vacca, pane, tecc, birra.

Giovedì 1.º maggio. Prima di giorno si suona la sveglia e così per le sei il bagaglio è partito e noi ci incamminiamo in coda a lui. Ci eleviamo passando di altura in altura dove la vegetazione non è gigantesca ma abbondante. Ulivi, euforbie, ficus predominano, poi molti cespugli ed arbusti fra cui eleganti gelsomini che coi loro fiori profumano l'atmosfera. In alcuni punti la via è molto erta e ingombra da pietre e rami che la attraversano. È un continuo muover di gambe e inchinarsi per non rompersi le ginocchia o lasciare un occhio infilato a qualche spino. Giunti all'estremo di un breve altipiano ci si presenta sotto una vastissima pianura che raggiungiamo, costeggiando le alture che da est ad ovest la circondano, e vi facciamo l'incontro di una grossa carovana che dalla provincia di Wolkait porta in Adua seme di cusso, cotone e scemma fatti, avvolti in stuoie o in pelli da bue. Alle otto passiamo il piccolo villaggio di Bellés che prende o d