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Il fuoco scivola col petrolio incendiando un ammasso di stracci. Il fuoco corre, si arrampica crepitando. Franci resta immobile, seduto. Io rimango pure immobile, seduto. Quando fu certo che il fuoco non si sarebbe più spento Franci mi disse: Ora andiamo! Gli strinsi la mano e lo seguii dicendo: Sono d'accordo coi bosniaci e con te. Annotta.

Nel centro, quelle canaglie di bosniaci hanno fatto un fuoco con tutti i libri della libreria. Odore di cuoio cotto e di cavolo marcio: nauseante. Anche hanno acceso il fuoco, nel mezzo del tappeto persiano. Questa macchia sembra sangue, forse è vino. In cantina v'era molto champagne. L'impiantito è sfondato. Qui hanno vomitato sul letto! Porci! E' un vero lago di fango, vino. Dio che orrore!

Se ne infischia questa giovane che spara col moschetto da un portone contro il fondo del cortile. Spara, poi si slancia dentro. Tumulto grigio verde. Braccia nude e capelli al vento. La gioconda chiacchiera veneta pettegola colla mia mitragliatrice che bersaglia un caseggiato zeppo di bosniaci e prostitute austriache.

Giù nel quartiere di Serravalle vociare e confusione. Gli arditi si precipitano in un portone. Li raggiungiamo troppo tardi. Quando entro tre bosniaci sono a terra sventrati. Non mi pento d'essere arrivato in ritardo poichè vedo nello loro tre mani destre tre enormi mazze ferrate. Buon giorno, Marinetti, mi dice il colonnello Trivulzio, con la pipa in bocca.

Grondano le facce degli arditi che s'arrampicano sulle terrazze. E anche sui tegoli rossi dei tetti. Colle corde tirano su una mitragliatrice. Puntata. Contro quel quartiere laggiù dove i bosniaci resistono. Entro in una vasta piazza colla mia 74. Tutte le donne scarmigliate intorno alle ruote. «Accidenti alle donne! Via! Via! Sarete colpiteMa poco importa!

Sono bosniaci cocciuti non ancora convinti dell'irrimediabile sconfitta. Spariamo avanzando lentamente. Ad un tratto le due locomotive si mettono in moto. Ta ta ta ta ta

Armi a destra, uomini a sinistra! Dell'ordine, per Dio, dell'orrrdine! Ghiandusso, prendi il tascapane coi petardi, e vieni. In fondo alla viuzza sporgendoci su un muricciolo basso, vedo a venti metri sotto, in un immenso cortile un migliaio di bosniaci. Confusione intorno alle marmitte. Grida di ufficiali, ordini incomprensibili. Alcuni caricano i fucili. Io grido con voce tonante: Arrendetevi!

Ridono gli echi della valle nel vederci tutti scendere dalla blindata e correre come ragazzi prendendo a calci, a pugni, a schiaffi i bosniaci, bestioni che non vogliono mollare le loro mitragliatrici. Si arrendono come cani ringhiosi o meglio come professori passatisti idioti che cedono a malincuore i vecchi dizionari della gloria austriaca tramontata sotto i nostri calci futuristi.

I bosniaci, da veri bestioni, erano i più sacrificati e pativano la fame. Facevano una polenta coi bachi da seta. Un giorno divorarono tutte le candele di una chiesa! Io ho fatto il mio dovere. Ho nascosto tutto ed ho aiutato tutti a nascondere. Il nostro buon parroco aveva dato un'eccellente parola d'ordine: Obbedite, odiate, nascondete.

I miei amici fanno altrettanto. Cinque minuti di fucileria a 20 metri dalla finestra. Noi riparati dietro un enorme autocarro austriaco rovesciato. La finestra si spegne e tace. Ci precipitiamo dentro. Tre sloveni che alzano le braccia e 2 bosniaci feriti. Trasciniamo fuori il tutto e li consegnamo ai bersaglieri ciclisti che sopraggiungono. Alt. Riposo. Abbiamo un solo ferito.