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Diceva a l'aura il fiore: Aura pietosa, Che mi porti le brine alme e vivaci, Deh! per poco su me l'ali riposa L'ali dolci così, così fugaci; Tu in sen mi svegli ogni virtù nascosa; Son mia vita ed amor solo i tuoi baci; Deh! se posar non puoi rompi il mio stelo; Che teco io venga a spazïar pe'l cielo!

Si apre la grotta e lascia vedere Ferdinando e Miranda che giocano a scacchi. O mio dolce signor, giuocate ingannandomi. No, mio caro amore: non lo farei pe'l mondo intero. : ma venti regni mi disputereste ch'io pur direi che il vostro giuoco è buono. Se un'altra visione è questa della Isola, ben due volte un caro figlio ho perduto! Un miracolo supremo!

Danzano con gentili atteggiamenti di saluto e dopo aver invitato il Re a mangiare se ne vanno. Ci mandi il cielo gli Angeli suoi custodi! Cosa sono quelli esseri? Fantocci vivi! Adesso io crederò che esiston gli unicorni, che in Arabia v'è un albero pe'l trono della Fenice e che in quest'ora stessa la Fenice vi regna.

Cheta pe'l mar d'Atlante irto di scogli L'isola illustre al suo sguardo apparío, Splendida del fulgor di mille sogli, Riverita come ara d'un dio: Ivi, fiaccati a' Re l'ire e gli orgogli, La fortuna posò del suo gran Zio, Simile al Sol, che da l'eteree tende In grembo a l'oce

Don Bonomo abbassò la fronte, permise che parlassero tutti e due insieme, concesse quello che vollero e si sbarazzò di Petronilla dopo aver combinato con lei che le nozze avrebbero luogo tra un mese al più tardi. Egli stesso diede parola che pe'l giorno del matrimonio consegnerebbe a Moschetto sei franchi ed a lei un abito completo della povera Pepa. Era tutto quanto potesse fare.

Questo udía pe'l giardin la vereconda Ebe, e un mar l'avvolgea d'ombre e di larve, Quando un fruscío sentì tra fronda e fronda, E un'Ombra vide, o di veder le parve; Stette, il respir contenne, e a la gioconda Luce de l'alba il Pellegrin le apparve; Mise ella un grido, e pallida divenne; Se non fuggì, fu Amor che la rattenne.

Trinculo, siccome il Re e tutto il resto della compagnia sono affogati, noi ereditiamo quest'isola. Qui, portami la bottiglia: compagno Trinculo, fra poco la riempiremo. cantando con voce da ubbriaco. Addio padrone! padrone addio.... Un mostro cialtrone: un mostro ubbriaco! D'ora in avanti non più penare per pescare non più fardelli pe'l focolare.

Allor, gelo in pensarlo, io non so come, Tutte raccapricciar le membra sento; S'alzan lunghe l'orecchie in su le chiome, E allungasi la testa, e cresce il mento; Stendesi su pe'l dorso e per l'addome, Questo cuoio abborrito in un momento; Pendono a terra ambo le mani, e ognuna In un zoccolo vil si chiude e aduna.

Dicea, quando pe'l ciel rigido e scuro Un sinistro baglior sorge e risplende, E un piceo fumo, un odor crasso e impuro Gli occhi travaglia, ed il respiro offende. Ahi! qual cagion, qual destino empio e duro Di nuova rabbia i franchi petti accende? Tra le fiamme sepolta e la rovina De la Senna cadr