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Tal parla Iddio, mentre a la pia fanciulla, Fra il disinganno incerta e la paura L'anima balza, e si scompiglia il senno. Tutta a un punto scomposta il volto e 'l crine Rompe in subite risa; il lembo estremo De le candide vesti in su la bella Testa rivolge, e così a mezzo ignuda, Una strana canzon canterellando, Per la reggia del ciel sgambetta, e ride. Molte fiate tornò limpido e lieto Su la terra il mattin; molti su' fiori Versò brine dal grembo e rai dal crine La bellissima Aurora; e chiuso intanto Entro al mondo de' suoi splendidi sogni L'alto oceán Lucifero trapassa. Poi ch'a la rea citt

All'alba si levavano in piedi, liete come se nulla fosse stato della guazza, e delle brine che talvolta anco in quella stagione, il vento frizzante dell'Alpi porta nella contrada; dicevano ad alta voce le orazioni del mattino; poi facevano d'ogni sorta d'esercizi, visti a fare ai soldati. Due volte il giorno, i preti predicavano da qualche poggio ognuno alla sua compagnia; e parlando di Dio e del Re, tenevano deste le ire, e il desiderio di dar dentro a menar le mani in guisa, che dopo ogni predica le montagne suonavano di grida altissime, di strage e di vendetta. Non sapevano bene, ma tutti accozzavano nelle menti torbidi pensieri di religione, d'empiet

Sorse alfine; e de l'ombre impazïente Gli opposti vetri a le fresche aure aperse. Taceva anco la notte, e rade e lente Fuggían contro al mattin le stelle avverse; Un zeffiro gentil da l'orïente Le vaghe ali movea di brine asperse, E ad ogni fior de le ben culte aiuole Dolci olezzi traea, dolci parole.

Diceva a l'aura il fiore: Aura pietosa, Che mi porti le brine alme e vivaci, Deh! per poco su me l'ali riposa L'ali dolci così, così fugaci; Tu in sen mi svegli ogni virtù nascosa; Son mia vita ed amor solo i tuoi baci; Deh! se posar non puoi rompi il mio stelo; Che teco io venga a spazïar pe'l cielo!

Il cavaliere Robustelli accozzò nella propria casa a Grossotto alcuni Valtellinesi di maggior recapito e di spiriti più vivi e con parole da quel dicitore felice che egli era, discorse i danni ed i pericoli della patria e della religione. Qui gran disparere. Chi esortava ancora a pazienza: come si tollerano le brine ed i rovesci del tempo, doversi tollerare la mala signoria.

Le parole di Sant'Agostino gli tornavano singhiozzanti sulle labbra: "Egli conduce in giro sopra l'ali dei venti le pioggie e le gragnuole, Egli prescrive il cammino alle nubi, Egli la strada al fulmine sonante. Il suo soffio immortale arresta i fiumi con catene di ghiaccio, e sparge sovra il piano qual cenere le brine.

La vicinanza di quella donna, che egli aveva amata tanto e odiata a' suoi tempi, per venerarla più tardi come l'esemplare delle gentildonne, bella ancora a malgrado degli anni in tanta copia cresciuti, amorevole con lui come coll'amico e fratello dell'uomo prescelto da lei, quella vicinanza, io dico, rialzò lo spirito abbattuto di Ariberti, consolò di qualche più lieta immagine i suoi giorni di convalescenza e gli riaperse il cuore alla speranza, a questo fiore gentile, ospite assiduo della casa nostra, così restìo sempre a morire sotto il rovaio e le brine, così facile a rinascere col primo raggio di sole.

Quante volte le brine erano cadute davanti a loro ed erano fioriti i mandorli e gli uccelli avevano cantato e le farfalle si erano inseguite lungo le siepi ed aveva odorato cupamente il bosso in fondo alla selva senza che essi avessero chiesto di più alla vita! La giovinezza non li toccò, la vecchiaia li raggiunse sfiorandoli appena, la morte li attendeva con braccia di madre.