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SANTINA. «Chi ti fa quello che far non suole, o t'ha ingannato o ingannar ti vuole». GERASTO. Non si può star sempre ad un modo, moglie mia cara. SANTINA. Oh come odori di muschio, mi pari una profumeria. GERASTO. Passando per la bottega di maestro Cesare profumiero, mi spruzzò un poco d'acqua nanfa sul volto. SANTINA. Non so chi mi tiene la lingua. GERASTO. Lasciamo il ragionar di questo adesso.

LIMERNO. Io so che i fabbri trattano solamente cose da fabbri: laonde parrebbemi cosa disusata e nova veder Merlino far altro che mangiare. «Tractant fabrilia fabri». HORAT. MERLINO. Io so ben far altro ancora. LIMERNO. Credolti troppo; ma che ne facci testé la prova, non molto mi cale. MERLINO. Perché cosí? LIMERNO. Vi faressi sentire d'altro che zibetto e acqua nanfa! MERLINO. È cosa naturale.

Corriamo in fretta, ed in punta di piedi su questo moticcio di fimo, e di sangue, che si chiama papato; invano l'ornarono, anzi l'oppressero di titoli santi, e di cerimonie splendidamente religiose; egli è uno spargere acqua nanfa nella stanza mortuaria. Due meretrici danno, e tolgono il pontificato ai loro bertoni, e talora col pontificato gli tolgono la vita.

Entrate « disse Laidulfo, sedendosi ad uno scanno per dar cominciamento al pranzo ». Erano due persone imbacuccate fitte fitte nel mantello, una che portava in mano preziosa fiala di nanfa ed odorava, come fosse costretto respirare aria palustre, l'altra che restò alla finestra del corridoio a guardar nella corte. La casa che abitava Laidulfo era una topaia in vasto, nero e sdrucito edifizio.

Il sapone di spiga andava con le polveri dentifricie; l’acqua nanfa gareggiava con l’acqua di rosa, la fior di mirto con la sans-pareille, e tutte con la costosissima acqua del paradiso. Le pastiglie profumatorie si associavano sovente con il ricercato liquore per togliere le macchie del volto. Atteso con febbrile impazienza, ecco giungere il parrucchiere.

Venne l'ora finalmente in cui le sale si vuotarono ed ella, appena le fu permesso di accomiatarsi da' suoi invitati, impaziente s'affrettò dove il servo aveale detto trovarsi il Palavicino. Piena d'un insolito esaltamento, ripetendo a mezza voce una soave cantilena, quella che più di tutte poco prima aveva eccitati gli applausi generali, passando a volo di sala in sala con una leggerezza quasi infantile se ne venne nel gabinetto. Ma vedendo il suo Manfredo seduto e colla testa china sul dossale della sedia, si fermò di tratto, e se ne stette in sulla punta de' piedi, al limitare; avea la posa elegante e svelta e lieve della gazzella. Al suo comparire, il soavissimo odore dell'acqua nanfa tramandato dalle sue vesti si sparse per tutto. Non potea darsi volutt

E in quel momento rallentato e sciolto, il bel volume dei capelli lunghi e nerissimi le cadde in varie liste sulle spalle, e la fante, disponendosi a spruzzarle le belle membra coll'acqua nanfa, come allora era costume, la venne a poco a poco spogliando così che apparve discinta quasi del tutto. Ma dessa, non accorgendosi di nulla, continuava tuttavia a lasciar fare. Aveva tanto pianto la notte prima pensando alle nozze imminenti, che ora non aveva più lagrime, e il suo dolore le si era cambiato come in un'attonitaggine piena d'accoramento; pure quel tormento assiduo, in cui versava da tanto tempo avendole messo nel sangue quasi un'alterazione febbrile, al pallore che le era abituale aveva sostituito un color purpureo, vivacissimo, che le dava un aspetto di floridezza straordinaria, il quale dissimulava l'interno affanno, e accrescendo la lucentezza delle sue pupille la rendeva notabilmente ancor più bella del solito. Le chiome, che in disordine le cadevano pel collo e per le spalle a velare in parte la nudit

È per altro un assai bell'uomo, il conte. Che mi fa a me di questo, quando ci è quell'odore che guasta tutto, e poi e poi.... A questo punto il conte lor passava ancora dinanzi. Vedi se tutta non è immaginazione? Perchè di' questo? Non hai sentito che forte odore di canfora e d'acqua nanfa ha lasciato dietro di il conte? e tu sentivi la feccia di vino.