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Per moto istintivo, io portai la mano alla taschetta del gilet, dove si chiudevano i residui indeterminati del nostro tesoro. Palpai, numerai le monete con qualche trepidazione poi, rifiutando fede alla prova e controprova del tatto cavai fuori il denaro, per rivedere i miei conti sul palmo della mano. Il nostro tesoro si riduceva a una quindicina di paoli.

E' un quartiere lurido, disse Aldo, allacciandosi il gilet, e infilando una catena d'oro matto nella bottoniera; poi, con uno spillo da balia, ne fissò l'altro capo nel taschino del gilet. Bisogner

Anche lei? esclamò Evelina, alzando gli occhi timorosi, che si facevano più grandi, più lucenti, mentre cercavano e fissavano, come per raccomandarsi, gli occhi del giovane. Anche lei, signor Laner? Ho da pagare la pigione e il conto del mese alla padrona. Ho da mangiare e non ho altro che dieci lire! E mostrò un biglietto sudicio, ripiegato, che ricacciò subito nel taschino del gilet.

La signora Maddalena si era appoggiata col gomito a due pezze di panno color bigio «resistente» che aveva comperato apposta per vestire tutta la famiglia, e mentre il sarto prendeva le misure al signor Trebeschi, Maddalena dava le opportune istruzioni. Giacca, gilet e pantaloni; largo, comodo; e buone fodere, mi raccomando. Non dubiti, signora, Maddalena.

Ma... voi... signore?... Non prendetevi pensiero di me. Affrettiamoci! Eccovi il mio soprabito... eccovi il mio gilet... i miei calzoni... Signore!... È troppo!... È una indecenza!... voi dimenticate di essere in presenza di una signora... Ma il visconte, colla focosa inconsideratezza dei generosi che si sacrificano, in un attimo si era spogliato.

I suoi buoni occhi di cane fedele vagavano con espressione feroce dalla bocca aperta del dormente impresario alla sua bionda barba a punta, e si attardavano lungamente sul suo gilet infiorato, come cercando un posto adatto...

Martedì 20. Abbiamo avuto nella notte uno di quegli acquazzoni equatoriali, che pareva volesse sprofondarci colla tenda. La mattina tutti i servi sono messi a nuovo colle loro camice pulite e con quel po' di roba che si ebbero da noi in regalo; chi un paio di pantaloni, chi una camicia di flanella, chi un fazzoletto in testa, chi un paio di scarpe rotte, chi un gilet; in complesso una scena variata, originale e ridicola, e il ridicolo maggiore lo dava Francisco, un servo del Sudan, colla sua faccia mista da buffone e da idiota, nera come ebano, con scarpe, pantaloni, giacchetta e cappello all'europea, la cintura da revolver e una lunga lancia in mano; un vero tipo da buttafuori da compagnia di saltimbanchi. Tutto è pronto, ma dobbiamo ancora aspettare, che nella lunga tappa di ieri alcune bestie rimasero in strida, e fra queste quella che porta la cassa colla croce da cavaliere di Salomone del nostro Naretti, e senza il distintivo non vuol presentarsi a sua Maest

Essa lo guardò sfrontatamente, con un sogghigno ironico, beffardo, poi, a un tratto, senza dir parola, lo afferrò per un braccio e lo spinse, lo cacciò barcollante, incespicante sui tappeti, nel salottino attiguo alla stanza da letto; prese il suo abito, il suo gilet, glieli buttò dietro; e sbattè le portine, girò la chiave, sempre senza dire una parola, senza dir niente, muta.

Come ti voglio bene, Nino mio! diceva Lalla. Ho pensato sempre a te, sai, continuamente, in tutti questi giorni. Quando ti allontani da me, mi sembra che tu ti porti via la mia anima, qui dentro, in questo taschino, sul cuore; e Lalla scherzava colle dita in un taschino del gilet di Giacomo.

Mi prese a volere così bene che il giorno dopo il mio arrivo mi regalò un piatto di zinco, una striscia di pelle ovattata per mettermi sotto la maniglia che mi spellava e mi piagava la noce del piede, e un panciotto di flanella bianca per salvarmi il petto dai clima traditore. Il gilet era un sacrificio superiore ai bisogni del galeotto.