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Tutti erano morti, fuggendo la morte che portavano in seno. Ora Davos aveva salvato Tom. Ma bisognava mandar via la piccina. Chiesero consiglio a due dottori. L'uno disse: «Eh! si sa!...» e l'altro disse: «Eh! non si sa!...»

Edith cercò qualche cosa di consolante da dire. Non bisognerebbe affliggersi di star qui. Davos è così divinamente bella! Non si può non amare questo splendore azzurro, queste montagne, folgoranti di neve e di sole.

Edith e sua madre, tragiche e sole, volsero i passi verso le cime dove brilla eterna la neve e la speranza. Davos scintillava adamantino e terso nel sole invernale. Edith giaceva sulla terrazza dell'Hôtel Belvedere, con una coltre ravvolta intorno alle ginocchia e un parasole aperto sul capo. Era felice. Sua madre le aveva allora allora portato una lettera di Nancy.

Uno specialista venuto da Londra aveva ripetuto: Davos! Otto giorni dopo, la casa era chiusa, la servitù licenziata. Fräulein, disciolta in lagrime, era migrata in una famiglia americana del vicinato. Valeria, pallida e triste, e la piccola Nancy, singhiozzante e aggrappata al collo di Edith, avevano detto «Addio! Addioed erano partite per l'Italia con lo zio Giacomo.

Talvolta, e specialmente d'inverno, arrivavano a Davos dei turisti e degli amanti di sport per restarvi una quindicina o un mese. La signora Avory notava che questi ridevano molto meno degli ammalati. E Fritz Klasen diceva: Guardate un po' come esagerano lo sport, pattinaggio, ski, «bobsleigh», «curling»! Si logorano, si affaticano!

Poi venne il pesce. E mentre Nancy lo mangiava, sentiva sempre quello sguardo intento e benigno fisso su di lei. Passato il montone, la signora tedesca parlò ancora. Mi pare di averla udita oggi parlare italiano colla bambina. E' lei forse del bel paese dove il suona? Nancy sorrise. Mia madre era italiana, disse. Mio padre inglese. Io sono nata a Davos, in Isvizzera.

E la fila di perline azzurre che Edith le aveva messo al collo il giorno che era partita per Davos, Adele l'aveva regalata alla figlia del portinaio. Aveva anche stracciato le poesie scritte dalla piccola Nancy in Inghilterra, perchè, tanto, erano vecchie cose che nessuno capiva! E così fluirono i mesi, svanirono gli anni: ed Edith passò fuori dalla memoria di Nancy.

In primavera, o al più tardi in estate, Edith rivedrebbe Nancy! Oh! certo, fra un mese o due Edith starebbe benissimo! Purchè bevesse molte uova crude e fosse ragionevole. E Edith beveva molte uova crude ed era ragionevole. Primavera, esitante e timida, scalò i mille cinquecento metri di montagna e arrivò a Davos alla fine di maggio. Fritz Klasen partiva per tornare a Lipsia. Addio! addio!

Mai più avrei pensato che Davos fosse così gaia, disse la signora Avory, levando sul viso del giovane i miti occhi celesti. Altro che gaia! rispose lui, ridendo. E' il posto più allegro del mondo; non abbiamo tempo qui da perdere in malinconie. Una signorina vestita di seta gialla si precipitò verso di lui: Presto. La quadriglia! esclamò, prendendogli il braccio e trascinandolo via.

E nel giardino un'altalena: quella la ricordo... E poi, non c'era anche una ragazzina colla treccia bionda, che si chiamava Edith? Non so perchè mi pare di ricordarmela adesso. Che cosa ne è stato di lei?... Era forse quella poverina che morì d'etisia a Davos?... Aldo non si muove più di casa. Non ci parla più. Sta tutto il giorno immobile, a guardarci. Io ho paura di lui.